di Daniele Santi
Il Consiglio Nazionale di quelli che non sarebbero mai diventati un partito, che non sarebbero mai andati al governo con la Lega, che non sarebbero mai andati al governo con il PD, che non avrebbero mai fatto tutto quello che hanno fatto, dopo intense giornate di fibrillazioni, minacce – “Chi sottovaluta il M5S non sa cosa va incontro“, o qualcosa di simile – parrebbe avere deciso di non uscire dal governo. Guarda un po’.
La decisione durerà fin quando non sarà necessario alzare di nuovo la voce per convincere l’elettorato di non avere proprio buttato via il proprio voto in quel 2018 esilarante che era prevedibile già nel 2013.
Quindi Conte incontra Draghi e all’uscita dice ai giornalisti di essersi accorto che i prezzi stanno salendo, di essersi accorto che € 200 una tantum non servono e, in buona sostanza, che tutto quello che il M5S ha votato fino ad oggi è stato votato mentre i deputati erano in coma. Poi batte al suolo gli augusti piedini e tuona: “Non permettiamo più sia messo quotidianamente in discussione il reddito di cittadinanza”, ribadendo di volere “risposte chiare e impegni precisi”. Dove sono stati fino ad ora, considerando che tutto ciò che è stato deciso è stato votato anche da loro?
Poi, forse accorgendosi di essere stato troppo morbido, quel democristiano di Conte torna sui suoi passi e a precisa domanda – “E’ vero che avete garantito l’appoggio al governo?” -dice di no. Che non è vero. E avendolo ascoltato in diretta subito dopo l’incontro con Draghi possiamo confermare che dice il vero. Poi una lunga serie di quisquilie politiche di nessunissima importanza per risvegliare al sonno della ragione quell’elettorato anestetizzato dai clamorosi insuccessi degli apritori [sic] di scatolette di tonno e riportarli nel magico mondo del terrapiattismo, dell’Elevato e dei rettiliani: perché quelli sì sono argomenti alla portata dei 5 Stelle. Altro che politica. Ci riuscirà Conte?
Se non si schianta prima è anche possibile.
(6 luglio 2022)
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