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Se il M5S è al lumicino, Conte è alla canna del gas?

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di Giovanna Di Rosa

E’ stupefacente vedere come percentuali a una cifra e una tendenza nazionale che vedrebbe il M5S tra il 2 e il 4% a rischio metamorfosi lillipuziana, abbia fatto cambiare i toni persino a Giuseppe Conte che per settimane ha minacciato sfracelli per poi ritrovarsi a dover fare i conti con il suo “Non abbiamo intenzione di abbandonare il governo” – e te credo –  e a dover ammettere “risultati non soddisfacenti” dalle urne e “esiti deludenti” dai referendum.

Poi la dichiarazione lapidaria: “Ora riorganizzazione”. E il programma politico?

Il M5S subisce una débacle clamorosa: dal trionfo del 2018, primo partito con 333 eletti, una percentuale che sfiorava il 33% si è visto prima sfilare i temi da Salvini, con il quale ha già regolato i conti e che a sua volta precipitava in pochi mesi con le stesse modalità, si trova ora a fare i conti con percentuali irrisorie che lo mettono in difficoltà persino nella gestione delle alleanze.

Le dichiarazioni di Conte riprese da Rainews.it lasciano perplessi. Il presidente M5S (bombardato anche dagli iscritti per questioni di primarie) ha affermato, riferendosi alle amministrative: “Abbiamo avuto in passato fiammate importanti a Roma e Torino, per il resto non è stato inusuale prendere percentuali basse alle amministrative e poi balzare al 30% nelle successive elezioni politiche”, ma siamo un po’ nel mondo dei sogni. Dal 2018 ad oggi è passata, politicamente, un’era geologica, e Conte non si sottrae quando dice che “i dati che emergono non ci soddisfano. Non possiamo cercare giustificazioni di comodo”.

Ora toccherà passare all’azione e toccherà vedere quale M5S prevarrà: quello di Conte, quello di Grillo o quello di Di Maio? Verso quale schieramento guarderanno i grillini che hanno cambiato opinione su tutto, e ne pagano il prezzo, e che si troveranno a portare in parlamento il 5% (se va bene) dell’attuale compagine parlamentare (ammesso che superino la soglia di sbarramento)? Fin quando il Movimento e Conte potranno continuare a parlare di un’opposizione al governo con Di Maio saldamente ancorato alla compagine di governo come ministro degli Esteri? Quanto sarà credibile un’ennesima metamorfosi? Soprattutto quanto sarà possibile?

Il 12 giugno ha lasciato morti sul campo e spalancato le porte alla destra finto-governativa di Meloni e di Fratelli d’Italia assai più vicini agli spagnoli di Vox! che alle democrazie europee e politicamente vecchia (sta lì dal 2006, altro che nuovo).
Conte non sarà l’unico a dover fare i conti con se stesso.

 

 

(14 giugno 2022)

©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata

 




 

 

 

 

 

 

 

 



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