di Vittorio Lussana
A destra non c’è proprio niente da fare: si prosegue con i vaticini più cupi e brontolanti. Adesso sta andando di moda difendere Putin e la sua volontà di ricostruire l’impero sovietico in una chiave rossobruna, dunque nazionalista. E si teorizza l’avvicinamento di Mosca alla Cina popolare come la nascita di un nuovo blocco, in grado di contrapporsi alla Nato e all’odiatissima Unione europea.
Quel che sconvolge, in particolare, è l’odio verso Bruxelles e le istituzioni europee: siccome contro gli americani e la globalizzazione si rischierebbe solamente col dare di cozzo, gli strali polemici vengono spostati sul soggetto più debole, mantenendo un’abitudine di comportamento rimproverata loro da tutte le altre forze politiche dell’intero globo terracqueo: quella di fare i forti con i deboli e i deboli con i forti. In secondo luogo, siccome Biancaneve non vuole più saperne di Vladimir Putin, adesso è meglio farlo fidanzare con la strega cattiva, cioè la Cina popolare, mentre la Ue sarebbe solo una colonia che non può battere una moneta forte quanto il dollaro sui mercati internazionali. Un’altra, ennesima, negazione della realtà, dato che l’euro rimane la seconda moneta più forte su tutti i mercati internazionali e, di certo, qualche scambio tra Nuova Delhi e Pechino in valuta cinese non cambierà di molto la situazione.
Oltre a ciò, tra le tesi sostanzialmente antiamericane delle destre, colpiscono alcuni vuoti mentali derivanti da un puro dogmatismo ideologico: esse proprio non riescono a registrare alcune novità ancora troppo recenti. Per esempio, ci si ostina a ritenere che le colonie delle potenze imperialiste del passato non prevedessero la circolazione di monete altre, dimenticando la polemica, niente affatto lontana, sollevata da Giorgia Meloni e Alessandro Di Battista sul cosiddetto franco coloniale, che la Francia di De Gaulle – noto eversore della sinistra storica – ha sostituito con il Franco Cfa nel 1962.
Anche l’impero britannico, almeno fino all’istituzione del Gold standard, avvenuta nel 1815, lasciava circolare in molti suoi dominions – a cominciare dall’India – una sterlina d’argento: un sistema di doppia valuta (il double change, ndr) che dovrebbe chiarire molte cose, poiché spiega esattamente come siano proprio le divise deboli a connotare i regimi coloniali. Si trattava, infatti, di uno strumento di stabilizzazione dei prezzi di merci e fittanze pagate dai contadini locali ai latifondisti inglesi, alleviando solo apparentemente la loro miseria, poiché una valuta che vale di meno circola di più e tutti hanno soldi in tasca, rendendo convenienti gli acquisti sia da parte degli operatori dei mercati esteri, sia di quelli interni.
In buona sostanza, lo sfruttamento di intere popolazioni con una moneta che vale di meno fu un inganno che condusse, nell’arco di un secolo, a un ulteriore e drammatico impoverimento delle popolazioni locali, per lungo tempo non consapevoli di come gli inglesi stessero operando una speculazione spaventosa, facendosi pagare in oro merci e prodotti acquistati nelle colonie con sterline d’argento. Un sistema di sfruttamento, se non di sostanziale schiavitù, basato su orari di lavoro assurdi e stipendi da fame.
Tornando all’oggi, ora che l’euro vale qualcosa di meno per motivi puramente inflazionistici e potrebbe, quindi, circolare un po’ di più, ci si lamenta del fatto che esso non sia una moneta di affiancamento del dollaro nei pagamenti internazionali. A prescindere dal fatto che anche questa affermazione non risulti affatto vera, non è neanche possibile negare il dato di una moneta che, in ogni caso, vale assai più del rublo, poiché la forza di una valuta non crolla da un giorno all’altro. E se anche i russi iniziassero a vendere tutto il loro petrolio ai cinesi, ciò potrebbe innescare cambiamenti di valore solamente nel lungo periodo. Per la serie: campa cavallo che l’erba cresce… Insomma, secondo l’infantilismo ideologico delle destre, l’euro non va bene né quando è cotto, né quando è crudo. Ma fare lo sforzo di capire come funzioni veramente la determinazione dei prezzi delle merci in un regime di moneta forte e di come sarebbe necessario fare riforme che rafforzino l’Italia al proprio interno, non c’è proprio modo, né voglia di farlo. Un po’ come dire: “Dovrei smettere di fumare e, forse, un giorno lo farò, perché altrimenti andrò incontro a una serie di problemi”. Ovvero: l’amoralità egocentrica de L’ultima sigaretta di Italo Svevo.
Le culture di destra, al momento, sono inattuali e statiche. Ma questa mancanza di mentalità evolutiva, questa rigidità di fronte ai cambiamenti, non è altro che un segnale di pigrizia mentale che sta emergendo con sempre maggior evidenza e che impedisce qualsiasi riforma, a cominciare da quelle che ci vengono richieste proprio dall’Unione europea in cambio di ingenti risorse. E’ esattamente questa zavorra ideologica ciò di cui si sta continuando a parlare e che, forse, solamente Giorgetti ha compreso realmente.
Le politiche di destra producono solamente minoranze rumorose: gente inconsapevole di avere il pisello piccolo, benché continui a sventolarlo ai quattro venti. Contenti loro, contenti tutti…
(17 marzo 2022)
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