di E.T.
E’ bello scoprire a cosa servono le nostre firme, se non sono apposte sulla Dichiarazione dei Redditi: a niente. Ed è bello scoprirlo sulla nostra pelle, sulle nostre idee, sulle nostre libertà individuali; è bello scoprirlo mentre le destre scoprono il loro gioco maturato prima dell’orrido balletto sgambettato da Salvini e Meloni durante i giorni del Quirinale.
Sappiamo, dal 16 febbraio scorso, e lo sappiamo dal Giuliano Amato, già Dottor Sottile di scalfariana memoria, che addirittura c’ha imbastito su una irrituale conferenza stampa che sembrava dire agli Italiani, “sono finalmente tornato” e mi farò sentire fino al giorno in cui andrò in pensione; Amato ha comunicato in quella sede che, in soldoni, abbiamo firmato per un’altra cosa e che i nostri politici non sanno scrivere i quesiti referendari. Se è per questo scrivono peggio addirittura le Leggi. Dunque non c’è da stupirsi. E ci sembra bizzarro un errore tanto grossolano. A meno che non lo facciano apposta.
La nostra è la Corte Costituzionale dei no? Niet, tovarish: quelli sulla Giustizia sono stati approvati. Dunque grazie al fatto che si dicono anche dei “Sì” gli Italiani avranno così la straordinaria chance (nel senso di culo) di poter abrogare la Legge Severino e di vedere il parlamento pieno di pregiudicati, magari colpevoli, che continuano a stare lì pagati da noi. La famosa politica del brivido che tanto piace a chi seta dentro. Assai meno a chi sta fuori. Non mi sarei mai sognato a decidere di impegnarmi, pubblicamente e no, per invitare la gente a non andare a votare così che i referendum non raggiungano il quorum e ci si possa limitare a buttare via altri soldi. Peccato che i referendum sulla Giustizia abbiano lo stesso appeal che ha un bel corpo in posa erotica per una lucertola che si scalda al sole, perché agli Italiani importano le libertà individuali poi mandano in parlamento gente che gliele nega. E’ uno dei tanti misteri italiani.
Ciò che succede è che, intanto, le destre hanno preso forza dalla decisione della Corte Costituzionale e oggi (17 febbraio, ndr) hanno giocherellato a “chi mette sotto il Governo”; domani succederà che sarà il primo di qualche giorno di propaganda e dopo un paio di decimali in più nei sondaggi, il godimento di Salvini per la possibile approvazione della Legge Severino via referendum (un 50%+1 degli Italiani che voti quel referendum è cosa che ci sembra assai lontana), le solite grida traducibili con il solito “siamo bravi solo noi” e programmi niente, tutto tornerà come prima. Ma Amato ha fato il la: è partita la campagna elettorale per il 2023.
Non c’è una legge elettorale, non si sono ridisegnati i collegi, il parlamento sarà dimezzato, c’è da rinnovare tutta una serie di procedure elettorali e la nostra classe dirigente sceglie la prova di forza per mostrare agli Italiani quale Alta considerazione si abbia di loro.
(17 febbraio 2022)
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