di Vittorio Lussana
Questa settimana mi vedo costretto a specificare di aver proposto il nome di Elisabetta Belloni, ma anche quello di Marta Cartabia e della stessa Emma Bonino, al fine di ispirare una convergenza parlamentare di tutte le forze politiche in favore di un profilo femminile per la presidenza della Repubblica, dando un segnale di modernizzazione sul versante della parità di genere.
Si trattava – e si tratta – di motivazioni che dovrebbero scavalcare di gran lunga la foglia di fico della provenienza dell’ambasciatrice Belloni dalla direzione del Dis: una nomina, peraltro, assai recente. Se veramente la questione fosse quella, allora si potrebbe tranquillamente proporre e votare un altro candidato femminile, che invece è ciò che democristianamente s’intendeva e, ancora oggi, s’intende evitare.
In secondo luogo, che l’accusa di “strafalcione istituzionale” provenga da chi, nel pieno di una crisi di Governo, ha preso e se n’è andato a Dubai per sviolinare prìncipi, emiri e sceicchi dell’Arabia Saudita è ancora più ridicolo: se avete un profilo femminile all’altezza di quello di Elisabetta Belloni, proponetelo e votatelo, anziché dichiarare sciocchezze finalizzate a mettere in campo il nome di Pierferdinando Casini.
La conosciamo bene l’ipocrisia democristiana. O meglio: qui c’è ancora qualcuno che se la ricorda. E se andrete ancora una volta a frignare da Sergio Mattarella, per chiedergli di prolungare il proprio mandato al Quirinale ed egli dovesse rispondervi, per l’ennesima volta, con un No grosso come una casa, poi non lamentatevi del latte versato, dato che avete contribuito tutti quanti – e sottolineo tutti quanti – a un declino degenerativo della politica a dir poco abissale. Ci vuol proprio una gran faccia tosta per parlare di “strafalcioni istituzionali”. Ma veramente una gran faccia tosta.
(29 gennaio 2022)
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