di Daniele Santi
L’unica cosa chiara nella coalizione giallorossa, se di coalizione si può parlare e se non è meglio parlare di coalizione giallo-rosa, è il No a Berlusconi, quel magnate chiacchierato dai modi garbati che le Destre hanno incoronato sovrano designato nel pomeriggio del 14 gennaio. Dal duo Conte-Letta nomi di candidati nessuno. Soltanto il No all’ex cavaliere già presidente del Consiglio dello spread a quasi 600 punti con Meloni ministra e Salvini e la Lega che erano dove sono poi rimasti.
Dopo l’assemblea del M5S della serata del 13 gennaio, sono usciti due “No” (del resto, Virginia Raggi insegna, il M5S non è mai stato il partito del sì, per così dire): primo No a Silvio Berlusconi perché “proposta irricevibile” e quindi No a Draghi perché bisogna fare tutto il possibile per dare continuità al governo ed evitare il voto anticipato “in questa delicata fase per il Paese” – e anche perché si dimezzano le poltrone, ci sono collegi scoperti e di fare una nuova legge elettorale non ne ha voglia nessuno.
Giuseppe Conte ha però detto: “Stiamo lavorando per trovare una soluzione che sia il più ampiamente possibile condivisa nell’interesse di tutti, affinché la stragrande maggioranza dei cittadini possa sentirsi coinvolta e orgogliosa di questa decisione”. Grandissimi obbiettivi, diciamo.
(14 gennaio 2022)
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