di Vittorio Lussana, #Giustappunto
E’ ancora in gamba Lilli Gruber, come giornalista. L’ho capito dal fatto che, in questi giorni, mi ha battuto sul tempo in merito alla notizia relativa a una variante pericolosissima del Sars-Cov2 scoperta in Botswana, nell’Africa australe. Ho verificato un po’ in giro e ho anche fatto zapping su vari talk televisivi, ma l’unica collega che è andata a documentarsi sulle nuove varianti del coronavirus, alla fine, è stata lei. Evidentemente, Gruber diligentemente si prepara prima di andare in onda, ogni sera, con il suo 8 e Mezzo su La7.
Sia come sia, ribaltando la chiave interpretativa, sono andato a cercare una seconda notizia. E l’ho trovata: il coronavirus, a un certo punto potrebbe estinguersi, oppure diventare meno pericoloso. Cosa può accadere a un virus sul lungo periodo, in effetti, era una questione che mi ero già posto qualche giorno fa, in un post su Facebook. Non avendo ricevuto risposta alcuna, sono andato a sfruculiare il web e ho trovato, sul Japan Times, uno studio nipponico relativo alla variante Delta, la quale, durante l’estate scorsa, a furia di mutare, avrebbe copiato una sequenza di errori che l’hanno auto-immobilizzata, trasformando il Sars-Cov2 in un virus non più in grado di nuocere.
Non si tratta di una notizia di poco conto: secondo l’Istituto nazionale di genetica dell’Università di Mishima, a un certo punto in Giappone si è verificato un crollo dei contagi. E secondo alcuni ricercatori nipponici, ciò sarebbe accaduto a causa di un eccesso di mutazioni del Covid. Quando ciò accade, significa che i geni che compongono il virus subiscono una serie di errori di copiatura che ne cambiano la struttura. In buona sostanza, non è detto che le mutazioni rendano la SarsCov 2 più aggressiva: può anche capitare una sorta di cortociruito che conducono il virus all’impazzimento, rallentandone sia la corsa, sia l’aggressività nei confronti delle cellule umane.
Non siamo, purtroppo, all’inizio di un processo di debellamento del Covid 19 dalla faccia della Terra, bensì alla semplice possibilità di una sua minor pericolosità, che potrebbe aiutarci a tenerlo a bada, in futuro, con delle semplici cure farmacologiche, oppure con vaccini più aggiornati. Un po’ come accade per i ceppi influenzali. Sono studi, tra l’altro, verificati anche da altre ricerche, effettuate dall’Istituto di genetica della Niigata University, un ateneo tenuto in alta considerazione nel Paese del Sol Levante. Ricerche che hanno confermato come, a furia di mutare, il virus possa impazzire fino ad autobloccarsi, poiché giunge quasi a uno sdoppiamento di personalità.
In ogni caso, c’è anche la cattiva notizia, quella che Gruber mi ha soffiato da sotto il naso: nel Botswana, in Africa meridionale, si sono presentati i primi 10 casi di Covid che sono riusciti a mutare in una maniera tale da riuscire a bucare i vaccini. Lo riferisce il quotidiano britannico The Guardian, il quale dà per certa la scoperta di questa nuova e terrificante variante, denominata B.1.1.529, dotata di un alto numero di mutazioni (circa 32, ndr) in grado di eludere le difese immunitarie prodotte dai vaccini. La pericolosità di questo ceppo è dovuta al fatto che esso sia riuscito a mutare le sue proteine spike, trasformandole in una sorta di passepartout in grado di farlo rientrare nelle nostre cellule, esattamente come all’inizio del 2020.
Insomma, ciò che segnala il Guardian rappresenta una vera e propria vittoria del SarsCov 2 il quale, a furia di mutare, è riuscito a modificare le proprie chiavi di entrata nelle nostre cellule, riportandoci da capo a 12, tanto da indurre l’Organizzazione mondiale della Sanità a lanciare, in questi giorni, un nuovo allarme. Sia ben chiaro: anche questa nuova variante africana non causa sintomi più gravi rispetto alle versioni che l’hanno preceduta. Semplicemente, essa ci riporta all’inizio della pandemia, nella fase in cui eravamo senza i vaccini, poiché li eludono entrando ugualmente nelle cellule umane.
Da ciò derivano due considerazioni finali: 1) sarebbe il caso che le aziende farmaceutiche si decidessero ad individuare quei nuovi farmaci in grado di aiutarci a combattere anche per via orale questa forma insidiosa di aviaria, che sembra proprio non volersi esaurire; 2) in secondo luogo, vorremmo avere più notizie circa l’aggiornamento dei vaccini che stiamo utilizzando attualmente, liberalizzandone il brevetto, dato che la circolazione può innescare continue mutazioni soprattutto nel sud del mondo. Meglio aggiornare i vaccini, piuttosto che avere a che fare con un autoaggiornamento del virus. Un problema che, senza l’interruzione della corsa del Covid, prima o poi è destinato a ripresentarsi anche qui da noi.
Stiamo dunque correndo il rischio di non poter uscire dall’incubo: nessuno comprende che il Covid 19 doveva essere fermato all’inizio della sua corsa, al fine di provocarne l’estinzione in tempi brevi. Infatti, la natura è in grado di produrre dei virus anche più letali, rispetto al SarsCov 2, i quali, tuttavia, se non incontrano esseri umani, tendono a esaurirsi da soli. Al contrario, qualcuno ha commesso l’errore di sottovalutarlo, lasciandolo circolare liberamente sin dai primi mesi del 2020. Abbiamo perso del tempo prezioso all’inizio di tutta questa vicenda, consentendo al Covid 19 di riprodursi e mutare: una reazione a catena di difficile controllo, sotto il profilo sanitario. Pertanto, la pista cinese e la possibilità che qualcosa sia andato storto nel primissimo mese di apparizione del coronavirus, restano ipotesi di studio che mantengono un proprio grado di validità.
In conclusione, questi sono, al momento, i due scenari possibili: a) autodistruzione del Covid; b) l’arrivo di un’ulteriore variante, che potrebbe costringerci a gettare le nostre scorte di vaccini nel cesso. E tanti saluti a tutti quanti.
(26 novembre 2021)
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