di Vanni Sgaravatti, #gaiambiente
Non c’è tempo e voglia di controllare la validità delle notizie. Vi ricordate la storia di chi sosteneva il rapporto tra vaccini e autismo? Molti di noi pensavano fosse una bufala diffusa in tempo di covid. Magari tutta italiana, vero? Invece è il risultato di uno studio controverso fatto da un medico britannico, tale Andrew Wakefield nel 2010. Pensavamo che nessuno intervenisse nel combattere queste bufale, vero? Beh, non è vero il medico fu radiato.
I no green pass hanno o avrebbero pensato che il potere abbia eliminato una voce dissidente, vero? No, i motivi per cui è stato radiato, sono: distrazione di soldi dalle casse di un ospedale e pratiche invasive nei confronti dei bambini senza autorizzazione.
Come ben sappiamo, questo è un mondo di internet in cui si bevono tutte le notizie (pare che ci vorrebbero 15 ore al giorno per leggerle) senza che nessuno, persino gli stessi giornalisti ne verifichino la fonte e la credibilità.
La voglia di vedere confermata una tesi coerente con i nostri valori, ad esempio “pacifisti”, è forte: avremmo voluto fosse vera la notizia che sono cresciuti i suicidi nell’esercito americano, c’erano più morti in tempo di pace che in tempo di combattimento. Non è questa la prova che ci serve, perché il tasso di crescita dei suicidi nelle forze armate è inferiore a quello generale della popolazione americana e di altre professioni, come quelle mediche.
Troppe notizie, poco tempo per verificarle, pare sia meglio selezionare quelle che confermano i nostri valori.
L’incertezza scientifica è una questione di complotti?
Le ricerche sia in campo umanistico che scientifico errate per motivi fraudolenti sono solo una piccolissima parte di quelle “errate”.
È la crisi della replicabilità uno dei fattori principali, sintomo della mancanza di una possibile verifica e di una ricerca trasandata che, a sua volta, dipende da molti fattori: una supervisione scadente dei finanziamenti, un’intensa pressione da parte delle istituzioni accademiche affinché si scovino risultati pubblicabili, la tendenza degli studiosi ad impacchettare il loro lavoro precedente e gettarlo via quando gli articoli sono pubblicati, ecc.
In campo sociologico e psicologico (ma pare che, contrariamente a quanto si pensi, non sia meglio nelle discipline scientifiche) una ricerca ha messo in evidenza come il 50% delle ricerche non erano riproducibili o, se riprodotte, non portavano quei risultati. Questa stessa ricerca è poi stata contestata. La scienza è un processo complesso, incerto nei risultati, ma è l’unico che permette di individuarne le stesse incertezze, per chi le vuole vedere. Tra le cause fraudolente, sono una minoranza quelle dovute al giro di soldi di potentati economici più o meno sotterranei, ma è soprattutto il bisogno di essere “visti” del singolo ricercatore, di avere un pubblico, persino mettendo in conto di essere sgamati dopo un po’ di tempo. A quel punto ci si potrà sempre appellare alla condizione di vittima di un sistema. Questa oggi è una tendenza talmente diffusa, che può nascondere qualsiasi superficialità di un ricercatore.
“La competenza ha un suo ambito di credibilità: non si è competenti su tutto”
In Usa la gente è davvero riluttante a vaccinare i propri figli per il parere espresso dall’attrice Jenny Mc Carthy una pinup di Playboy che sostiene di aver studiato approfonditamente la questione all’Università di Google. Meno evidente quando un competente esprime pareri su tutto. È una società complessa e forse Benjamin Franklin è stato uno degli ultimi uomini a cui si poteva andare a dire: hai inventato la stufa, cosa pensi che dovremmo fare con queste tasse? E ottenere una risposta coerente.
Di seguito allego una breve storiella interessante sulla vitamina C, riportata da Tom Nichols: “La conoscenza e i suoi nemici”.
Negli anni ’70 il chimico premio Nobel Linus Pauling si convinse che la vitamina C fosse una medicina miracolosa. Raccomandò di assumerne dosi massicce per prevenire comuni raffreddori e tutta una serie di altri malanni.
Le affermazioni di Pauling non erano sostenute da prove ma era un Nobel della chimica e così a molti le sue conclusioni sull’effetto delle vitamine sembrarono una logica estensione della sua competenza. In realtà, Pauling non aveva applicato gli standard scientifici della sua professione all’inizio della sua campagna provitamine. Cominciò ad assumere vitamina C alla fine degli anni ’60 su consiglio di un sedicente medico di nome Irvin Stones che gli disse che se ne avesse preso 3000 mg al giorno (50 volte la dose giornaliera raccomandata) avrebbe vissuto 25 anni in più. Gli unici titoli del dottor Stone però erano due lauree honoris causa in una scuola per corrispondenza non accreditata e di un college di chiropratica. Pauling voleva credere all’idea e cominciò a rimpinzarsi di vitamine. Immediatamente ne avverti gli effetti miracolosi. Un osservatore più imparziale avrebbe potuto sospettare di trovarsi di fronte a un caso di effetto placebo in cui dire a qualcuno che un farmaco gli farà bene lo induce a sentirsi bene, ma a causa degli illustri contributi scientifici di Pauling, i suoi colleghi lo presero sul serio e sottoposero le sue teorie a dei test. Nessuna di queste analisi della vitamina C ebbe successo, ma Pauling non si lasciò dissuadere. Come scrisse poi il dottor Paul Fit, pediatra e specialista di malattie infettive alla University of Pennsylvania, anche se uno studio dopo l’altro ha dimostrato che Pauling si sbagliava, lui si rifiutò di crederci continuando a promuoverla vitamina C in conferenze articoli sulla stampa popolare e libri. Quando ogni tanto compariva di fronte ai media con evidenti sintomi di raffreddore diceva di soffrire di allergia. Pauling sviluppo le sue teorie per tutti gli anni 70. Sostenne che le vitamine potevano curare tutto compreso il cancro, le malattie cardiache, la lebbra, le malattie mentali, tra gli altri. In seguito, propose di analizzare gli usi della vitamina C nella lotta all’aids. I produttori di vitamine ovviamente erano ben felici di avere un premio Nobel come Santo patrono.
Ben presto gli integratori vitaminici tra cui gli antiossidanti (termine che divenne il “senza glutine” e il “non OGM” dell’epoca) si trasformarono in un business da milioni di dollari. Soltanto che, come si scoprì, ingenti dosi di vitamine, in realtà, possono essere pericolose, aumentando le probabilità di allergie, di ammalarsi di alcuni tipi di cancro e di essere colpiti da ictus.
Alla fine, Pauling non ha danneggiato solo la sua reputazione, ma anche potenzialmente la salute di milioni di persone. Come ha detto, il dottor Fit, un uomo che aveva ragione in modo tanto spettacolare da vincere due premi Nobel si era sbagliato in modo tanto spettacolare da meritarsi il titolo di ciarlatano più grande del mondo. Ancora oggi, ci sono persone convinte che un pillolone di vitamine possa tenere alla larga le malattie, nonostante la scienza abbia lavorato come doveva, mettendo alla prova e dimostrando la fallacia delle stesse teorie di Pauling.
Pauling è morto di cancro a 93 anni. Non sapremo mai se ha ottenuto i 25 anni extra che gli aveva promesso il dottor Stone.
(9 novembre 2021)
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