di Paolo M. Minciotti
La modestia non è mai stata parte del bagaglio culturale del Vate del pentastellutismo dall’incazzatura facile in video e dai prolungati e mai troppo rimpianti silenzi. Dopo la débacle, ampiamente prevedibile e per la quale sospettiamo sarà Giuseppe Conte a pagare senza averne nessuna responsabilità, a meno di progetti a lunga scadenza che ignoriamo e che le nostre inutili teste non possono nemmeno immaginare, Grillo torna sul trono e pontifica: il reddito di cittadinanza è una “riforma sociale tra le più importanti della storia repubblicana”.
Grillo saggiamente tace sui navigator a vista imbarcati in questa barca preda delle onde dell’inconsistenza organizzativa del grillismo e sul fatto che praticamente nessuno, una percentuale bassissima, ha trovato lavoro grazie alle misure che parallele sarebbero dovute essere al reddito di cittadinanza, misure definite inclusive e di riqualificazione.
Grillo sciorina dati dall’INPS i quali “ci raccontano che sono 1,36 milioni i nuclei beneficiari, per oltre 3 milioni di persone, con un importo medio di 546 euro, in particolare. Prevalgono i nuclei composti da tre e quattro persone, rispettivamente 646mila e 673mila. I nuclei con minori sono quasi 443mila, con un numero di persone coinvolte di oltre 1,64 milioni, mentre i nuclei con disabili sono quasi 231mila, con oltre 536mila persone coinvolte”.
Certo tocca fare i conti con l’abitudine tutta peculiare del Grillo di tutti i grillismi, secondo il quale troppo spesso 1+1 ha fatto 3. E poi era colpa del PD. E la scatoletta di tonno non era ancora stata aperta.
(20 ottobre 2021)
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