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Certa televisione sempre più contenitore di ignoranza e volgarità gratuite va contro la vita delle persone

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di G.E.S. #TVradio

Sono figlio degli anni ottanta, il decennio da cui tutto cominciò, dicono molti. Quell’abbassamento culturale che ha devastato la mia generazione e quelle successive,  imbambolandole col mito del successo e dei soldi facili viene da quel decennio di paninari e yuppies, di Craxi e Milano da bere. Era come il paese dei balocchi, tutto era possibile, tutto si poteva ottenere purché si fosse stati vincenti (ci si fosse venduti vincenti) ostentando le proprie disponibilità economiche vere o presunte, il proprio aspetto incline alle mode del momento e a piacere a ogni costo, aderendo a cliché e categorie preconfezionate a uso e consumo delle masse. Questi sono stati gli anni ottanta.

Coi novanta è successo anche di peggio. Io ero solo un bambino ma ricordo perfettamente i messaggi che la pubblicità veicolava, che i filmetti e le trasmissione televisive ci ficcavano in testa. Avere e apparire erano il verbo della televisione italiana. Non cerco dei colpevoli, ma credo che il buco culturale che ha portato molti della mia generazione nel baratro, sia colpa soprattutto dei media. Quei media ci hanno condizionato. Hanno reso la politica roba da vecchi, quando negli anni settanta si faceva attivismo già da adolescenti. Hanno imbarbarito i nostri comportamenti. Hanno banalizzato la rivoluzione culturale partita dal ’68 dando ai giovani la falsa illusione di essere liberi aderendo a un linguaggio televisivo becero fondato sulla maleducazione, sulla prevaricazione della forza e degli istinti più bassi e sull’incultura. Ci hanno educato a pensare che la cultura non serve a niente quando è invece necessaria per contrapporsi al potere e alle sue manipolazioni.

Il benessere di quel periodo ha reso possibile tutto questo circo di cui abbiamo fatto parte credendo di essere qualcuno (i re del niente) allontanandoci inevitabilmente invece da noi stessi.

Ho scoperto la cultura tardivamente. A scuola non studiavo. Non ritenevo importante leggere Manzoni, Leopardi e Montale. Era irrilevante sapere cosa fosse il fascismo e per cosa fosse morta la generazione di mio nonno. Chi fosse Munch o Van Gogh non aveva alcuna importanza per me. Bisognava emulare le boy band e il loro vestiario. Bisognava guardare le trasmissioni spazzatura che ti dicevano esplicitamente come comportarti. Bisognava essere bellocci col taglio giusto e far parte di una categoria di persone: i fighetti, gli alternativi, i punkabestia, i dark ecc … Insomma bisognava pensare solo alle frivolezze e si sarebbe stati accettati in qualsiasi contesto sociale, l’importante era non pensare o fingere di non pensare. Un bel giorno però mi sono ribellato a tutto questo. Nel momento in cui si prefigurava una grave crisi economica che avrebbe avuto il suo exploit definitivo nel 2008 ho aperto gli occhi, mi sono visto per quello che ero ed ho capito che i media mi avevano rovinato la vita.

Ovviamente la caduta del velo di Maya è stata graduale. In seguito a una delusione amorosa che benedico, ho iniziato pian piano a leggere libri di autori di ogni sorta, a vedere film, spettacoli teatrali, andando a mostre di pittori, in poche parole ad interessarmi a tutto quello che significa ed è cultura. Ho ritrovato gli strumenti per capire l’inganno di cui sono stato vittima. Di cui siamo stati vittime.

Così un bel giorno ho chiuso in maniera drastica con la televisione, avvertendola come l’essere la ragione di tutti i miei mali per avermi fatto il lavaggio del cervello con promesse non mantenute. Non guardo più la tv italiana e francamente non mi manca. Negli ultimi anni vedo quello che mi interessa in streaming e mi sento liberato definitivamente da tutte quelle porcherie che mi spacciavano per intrattenimento ma che in realtà sono il trionfo dello squallore, la morte dell’intelligenza e dello spirito. Una dittatura, insomma.

 

(25 settembre 2021)

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