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Green Pass, i sindacati: “Obbligatorio per lavorare nel pubblico e nel privato”. E Landini che gridava “Mai!!!” dov’è?

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di Giancarlo Grassi, #politica

Dopo avere gridato fino al rischio di implosione delle arterie che il Green pass per i lavoratori “Mai!!!”, fossero del pubblico o del privato, perché il bravo leader sindacale si mostra sempre muscolare e maschio leader, nel senso di modi, anche e troppo spesso e soprattutto quando sa che deve cercare una via onorevole per dire sì, perché non si può fare il contrario.

Si grida per cercare il modo giusto di dire che ci si è calati le braghe, di fronte alle proprie grida, non di fronte alla contrattazione. E alla fine anche Landini, come prima di lui SalviniMeloni – e non è un caso, basti guardare il colore reale delle tessere del sindacato che ha a capo il grande urlatore – dice solo ciò che i leader della destra sempre più destra hanno già detto: “I sindacati chiedono che per i lavoratori senza Green Pass non siano previsti né licenziamenti né demansionamenti strutturali”. Eccolo il colore reale delle tessere della CGIL a guida Landini.

Non ho nessuna simpatia per questo leader sindacale: esagerate le sue grida, poco grammaticati i suoi discorsi, insopportabili i suoi sfondoni, ipermaschilisti i suoi dinieghi all’ascolto di chiunque abbia di fronte, troppo muscolari le sue liti in televisione e troppo plateali i suoi abbandoni di studio di fronte a chi gli dice ciò che va detto e non ciò che vuole sentirsi dire.

La sua comunicazione sul Green pass ha visto diverse evoluzioni. Da quella filo salvin-meloniana, dichiarazioni che sapevano tanto di tre moschettieri all’arrembaggio. Riferendosi al Green pass e alla norma in nuce aveva detto: “Spero sia stato un colpo di caldo. In questo anno di pandemia i lavoratori sono sempre andati in fabbrica in sicurezza. Rispettando i protocolli e le norme di distanziamento. Non sono le aziende che devono stabilire chi entra e chi esce”. Va detto che qualcuno aveva ventilato l’ipotesi licenziamento per chi non rispettava le norme, ma va da sé che qualcuno che grida incongruenze c’è sempre. E Landini lo sa bene.

Quindi dietro-front del sindacalista leader della CGIL, primo sindacato dell’Italia e fino a prova contraria sindacato rosso non nero, dietro-front garbato e il più possibile silenzioso, del leader che rimediò una pessima figura a Titolo V quando lasciò la diretta perché aveva trovato un contraddittorio che gli teneva testa.

Insomma, alla fine della fiera, il Senato ha approva il primo decreto sul Green Pass mentre a Palazzo Chigi i sindacati incontravano il premier Mario Draghi per discutere il prossimo decreto sull’estensione del certificato verde in agenda per il Consiglio dei ministri del 16 settembre alle 16, che conterrà l’allargamento del passaporto vaccinale ai lavoratori del settore pubblico e privato.

Ora Landini dice di avere “ribadito al governo che la strada migliore è arrivare all’obbligo vaccinale”, una pericolosissima fuga in avanti per i tesserati leghisti del sindacato rosso-verde, verso una misura alla quale per ora, nell’esecutivo, nemmeno si pensa. Poi l’affondo di profonda ispirazione salviniana: “Per i sindacati i tamponi ai lavoratori privi di Green Pass devono essere gratuiti”. Eccolo tornato strizzare l’occhio alla Lega. Difficile immaginare una CGIL più landiniana di così.

 

(15 settembre 2021)

©gaiaitalia.com 2021 – diritti riservati, riproduzione vietata

 




 

 

 

 

 

 

 

 



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