di Redazione, #Politica
Eccola la nuova uscita di Alessandro il Grande, l’ex movimentista tra i più incazzati del M5S, uno di quelli che oggi in televisione si stupisce di come lo trattano dimentico di come lui trattava gli avversari: perché per essere permalosi si necessita di memoria corta, prima di tutto.
In pieno lancio del suo nuovo libro, un altro indimenticabile capolavoro che esce con Il Fatto Quotidiano – perché se Murakami esce col Corriere… non vorrete mica mettere, no? – Di Battista de noantri rilascia un’ altra delle sue indimenticabili dichiarazioni: “Tra scrivere reportage e fare il ministro, non avrei dubbi. Sceglierei la prima”. Si figuri noi, se potessimo conoscerli prima di movimentisti alla Di Battista.
Poi non esclude, lo scrive l’ADNkronos, la fondazione di “un mio partito”. Perché di questo ha bisogno l’Italia: di partiti fondati da gente che piuttosto che fare il ministro scriverebbe reportage. La coerenza, lo sanno anche i bambini, è una roba seria. Ed è difficile districarsi tra le varie proposte, perché Dibba lo hanno “cercato tutti”. Tutti gli “hanno fatto proposte”. Dunque si decida: o è il ragazzino che tutti trattano male e o lo cercano tutti, perché le due cose – da autore di reportage dovrebbe saperlo – non posso andare insieme poi, dato che dichiara che “la politica è morta”, ci spieghi allora per cosa fonderebbe un partito: per la resurrezione?
Che aggiungere poi sulle dichiarazioni in sé: sarebbe come se noi volessimo fare lo stesso quotidiano che fa Repubblica: non potremmo farlo, nemmeno volendo. Perché per fare una corazzata ci voglio mezzi. Per fare le cose semplicemente bene ci vuole preparazione, ma non si può diventare un panzer se si è una cinquecento. E per essere depositari della verità serve essere Belpietro. Con tanta concorrenza è così preferibile andare avanti coi propri ritmi e i propri consumi.
E dare la colpa agli altri o vittimizzarsi in televisione non pare essere proprio la strada.
Poi ognuno si brucia le relazioni nel modo che preferisce. Lo sa anche Di Battista, che non è “un comunista” come da numerosi sospetti evocato e da lui confermato dalla “Dottoressa Annunziata”, quasi avesse bisogno di ribadirlo, non essendosene accorto nessuno di quale colore è il lato oscuro per il quale propende. Ora sappiamo anche che muore dalla voglia di fare il ministro, ma siccome nessuno glielo chiede, deve convertirsi a fare reportage sui quali non ci sogniamo nemmeno di posare lo sguardo del critico che, in alcuni casi, è meglio resti morto.
(19 maggio 2021)
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