di Vittorio Lussana, #Giustappunto
La scrittrice Michela Murgia, che considero persona molto intelligente, ospite alcune sere fa a ‘Di Martedì’, il programma de ‘La7’ condotto da Giovanni Floris, in merito all’abbigliamento del generale Francesco Figliuolo ha espresso un’ingenua ‘ragazzinata’, dichiarando di non amare molto i militari e di non aver mai subito il ‘fascino della divisa’. Veniamo dunque amabilmente a ricordarle, che le Forze Armate esistono in tutti i Paesi, anche quelli neutrali. E che oggi, grazie al cielo, esse svolgono un ruolo ben diverso, rispetto al passato.
Michela Murgia non deve lasciarsi impressionare, quando vede un ufficiale in divisa: i militari sono una categoria di persone come tante altre, composta in larga parte da professionisti, fedeli alla lettera al dettato costituzionale. Ho lavorato con loro in passato, addirittura presso un Comando territoriale: non si tratta affatto di gente esaltata dalla divisa o dall’uniforme. L’uniforme, lo dice la parola stessa, serve per essere, per l’appunto, ‘uniformi’, per semplificare molte cose e a darsi un ordine in senso pratico, sia in senso individuale, sia collettivo.
Persino ai tempi dei Savoia, un soldato al Re obbediva sempre. Inoltre, noi italiani non abbiamo neanche tutta questa tradizione militarista: spesso, quando abbiamo vinto una guerra, l’hanno dovuta vincere gli altri per noi. Eccezion fatta per la battaglia del Piave, dove ci siamo salvati per un ‘pelo’, dopo una disastrosa ‘rotta’ all’indietro di 150 chilometri.
A Villafranca, nel 1859, i Savoia ricevettero la Lombardia da Napoleone III, che l’Austria considerò il vero vincitore della nostra seconda guerra d’Indipendenza. E anche nella terza, quella del 1866, a parte Garibaldi, che era uno ‘fichissimo’ e che, a un certo punto, dovettero fermarlo, perché stava marciando su Vienna praticamente da solo, ottenemmo il Veneto in regalo dalla Prussia, nuova potenza egemone dell’Europa centrale, ormai padrona della Confederazione degli Stati tedeschi. Insomma Michelina, a parte il Piave e Vittorio Veneto, militarmente non ne abbiamo mai ‘azzeccata’ una.
Infine, le uniformi che ha ‘sfoggiato’ sino a oggi il generale Figliuolo negli appuntamenti pubblici, non sono uguali: nelle prime interviste televisive, egli si è presentato al collegamento in ‘drop’, che è la divisa cosiddetta ‘da parata’, la quale, per regolamento, tutti i militari, dal soldato semplice al generale di Corpo d’armata, sono tenuti a indossare quando debbono svolgere compiti d’ufficio o di rappresentanza; invece, quella che l’alto ufficiale sta vestendo in questi giorni è la cosiddetta ‘mimetica’, cioè la ‘tuta di combattimento’, che si utilizza per le mansioni operative, come le manovre o le esercitazioni militari. La qual cosa significa, che il generale Figliuolo è in ‘combattimento’: sta facendo la guerra al Covid 19, esattamente come il Governo gli ha chiesto di fare.
Carissima Michela Murgia, dovremmo cominciare a preoccuparci se, invece delle divise d’ordinanza, il generale Figliuolo si presentasse, un bel giorno, in pigiama: una cosa che faceva spesso il generale Cadorna durante la prima guerra mondiale, soprattutto quando si faceva cogliere di sorpresa da un attacco nemico. Non è affatto un caso se egli sia passato alla Storia come uno degli ufficiali più ‘inetti’ di sempre. Dopo la sconfitta di Caporetto, nell’ottobre del 1917, fu capace di inviare un telegramma a tutte le cancellerie europee per giustificare quella nostra disastrosa ritirata, da lui stesso ordinata, affermando di aver subito lo ‘sfondamento’ del nemico perché intere armate del Regio esercito italiano si erano “arrese vergognosamente senza combattere”. E nel momento in cui stava dettando questo bollettino, egli era vestito, per l’ennesima volta, con un mix tra uniforme e pigiama, poiché aveva dovuto trasferire, in fretta e furia, il nostro comando operativo da Udine a Padova. Noi siamo scappati, mentre lui, al momento dello sfondamento austro-tedesco, anche se c’era, stava dormendo: “Nulla vidi e nulla ‘saccio’: io nun c’ero e, anche si c’ero, dormivo…”, dicono ancora oggi i napoletani.
Quella versione di Cadorna non solo non era affatto vera, ma rappresentava il più clamoroso rifiuto di responsabilità mai avvenuto nella Storia d’Italia, dopo essersi lasciato cogliere di sorpresa su un lato del fronte che egli aveva ispezionato personalmente pochi giorni prima giudicandolo ben difeso, mentre invece era mancante di tutto, a cominciare dalle munizioni. Ecco cosa accade quando un alto ufficiale non ama dedicare molte attenzioni al proprio abbigliamento. E ancora oggi, quando si parla di Caporetto, in tutto il mondo pensano che si trattò “di quella volta in cui, voi italiani, siete scappati…”. Grazie infinite, generale Cadorna.
Michela Murgia non deve preoccuparsi se un generale dell’Esercito italiano se ne va in giro in divisa: continui pure a scrivere come sta scrivendo, dato che è bravissima, dotata di un stile letterario limpido e lineare, come solo i sardi, popolo di secolare intelligenza, sono capaci di dimostrare.
(9 aprile 2021)
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