di Marco Biondi, #Iolapensocosì
Quest’ultima crisi politica ha evidenziato, stavolta più che mai, che la diversità di opinioni in politica è ormai diventata quasi una questione da tifo calcistico. A seconda dell’appartenenza partitica e non politica la grande maggioranza si è trasformata in tifoseria pronta a sostenere le tesi del proprio partito e a insultare quanto facevano gli altri.
Il tutto con un distinguo preciso: i tifosi PD, 5Stelle e LEU hanno costituito un blocco granitico e hanno preso a bersaglio Matteo Renzi. Gliene hanno dette di tutti i colori, riuscendo, perfino, ad ignorare i tanti buoni motivi per i quali poteva essere attaccato, per concentrarsi sull’affronto che gli stava facendo di ostacolare il loro disegno politico. Secondo me, ne sono usciti sconfitti, ed ora cerco di spiegare le mie ragioni. Faccio l’ultima premessa: esprimo, liberamente, le mie idee. Evitate se potete di insultarmi solo perché non sono le stesse vostre. Sarebbe un grande gesto di umanità che apprezzerò.
Ora che il Governo ha giurato e dando per scontata la fiducia, che sarà certamente molto ampia, ecco le conclusioni alle quali sono giunto.
Giuseppe Conte si è sconfitto da solo. L’errore più grande ha riguardato il Recovery Plan. Come è stato recentemente ben illustrato da quel briciolo di stampa obiettiva che ci è rimasto, ha preparato un piano senza condivisione, sperando di riuscire a farlo passare, quasi nottetempo, al Consiglio dei Ministri. Preso con le mani nella marmellata, l’ha rifatto in fretta e furia ma, seppure corretto, ne è scaturito comunque un piano destinato ad essere bocciato dell’Europa e dalla storia, condannando il nostro Paese ad un incremento di debito pubblico senza precedenti e senza che producesse risultati apprezzabili nel tessuto economico del Paese.
Vale poi la pena di ricordare che, pur presentato in pompa magna, ha poi ignorato totalmente il lavoro di Colao che sarebbe stata una buona base per predisporre un programma all’altezza. Prova ne sia che ora che è divenuto ministro, quel piano, sarà probabilmente rivalutato e servirà per costruire il futuro delle prossime generazioni.
La Lega che è diventata europeista è una buona notizia, non perché Salvini non rimanga un avversario, ma perché l’anti-europeismo del quale era pregno il nostro Parlamento, alla prova dei fatti è stato sconfitto ed oggi è marginale.
L’ingresso di Forza Italia in maggioranza è un’ottima notizia, perché garantisce una stabilità che riesce a contenere il peso dei 5Stelle e riduce il potere dei piccoli partiti IV e Leu e frange “responsabili”.
La competenza, questa sconosciuta nel vecchio governo, diviene il motivo conduttore nella scelta dei nuovi ministri. Mi scoccia tremendamente, ma devo purtroppo concordare con Salvini quando dice che non importa da che partito provengano, essenziale è che i ministri abbiano le competenze per fare bene il loro lavoro. E questi le hanno!
Sarebbe stato un peccato non dare continuità ad alcuni ministeri, almeno la dove non si sono evidenziate grosse criticità, mentre, dove anche criticità sono emerse, come ad esempio alla Salute, era secondo me corretto dare atto dell’enorme difficoltà nella quale ci si è trovati ad operare. Speriamo che Draghi riesca a correggere dove possibile, senza però stravolgere quanto fatto e costringere a ricominciare da capo.
Ci siamo liberati di Casalino, ed è una delle notizie più belle. Speriamo che adesso la comunicazione torni ad essere democratica e pulita e che abbia riscontro anche sulle reti televisive pubbliche. I 5Stelle sono a rischio scissione. Se avverrà avremo un partito europeista che, seppur criticabile, può essere una forza di governo, soprattutto se si libera di Casaleggio e si da una struttura di partito come previsto dalla costituzione. Se anche non ci sarà scissione, la componente di destra sarà comunque marginalizzata.
Il PD ne esce male. Aver insistito per il Conte ter è stato un grave errore, perché ha visto prevalere il calcolo dell’interesse del posizionamento partitico in un momento drammatico per il Paese. Così come è stato un errore continuare a gridare allo scandalo per una crisi sempre giudicata da tutti i loro portavoce incomprensibile e intempestiva. Entrambe le motivazioni sono chiaramente pretestuose perché era invece assolutamente comprensibile, principalmente per i temi che riguardano il Recovery Plan e non poteva che essere fatta quando è stata fatta. Alla luce dei fatti, si sarebbe forse dovuta aprire a Settembre 2020, prima della seconda ondata, anche se le motivazioni sarebbero state meno comprensibili ai più.
Di Renzi cosa dire? Anche se non piace dobbiamo dargli atto che se oggi abbiamo un Governo autorevole e stabile il merito è suo e del Presidente Mattarella. Io non escluderei l’ipotesi che Renzi non abbia preventivamente informato Mattarella sulle sue intenzioni e che da lui abbia avuto rassicurazioni sull’evoluzione verso la soluzione Draghi.
Renzi ha consapevolmente fortemente indebolito l’importanza del suo partito al Governo, sia nella partecipazione che nel ruolo, ora divenuto non più non solo fondamentale, ma neppure importante. Ovviamente Renzi scommette sull’apprezzamento postumo da parte degli elettori, ma questa temo sia un sogno difficilmente realizzabile. Per uno che ha sbagliato regolarmente i tempi delle sue decisioni, riconquistarsi fiducia popolare sarà un’impresa molto ardua.
Subito dopo la sconfitta referendaria doveva imporsi all’interno del PD: o estromettere quelli che avevano remato contro o andarsene. Sarebbe prevalsa la seconda opzione, ma avrebbe conquistato un consenso con un suo nuovo partito molto più consistente di quello attuale, di fatto spaccando il PD. Lui invece ha sempre minacciato esplicitamente di volerlo indebolire, prima con la rottamazione e poi con la nascita di IV, ottenendo ovviamente reazioni violente delle quali ora non può certo lamentarsi.
Adesso farebbe bene a starsene per un po’ in disparte, lasciando la vetrina ai suoi dirigenti più competenti, come Boschi, Marattin, Bellanova e Rosato, sperando che gradualmente si possa recuperare un po’ di consenso. Un giorno, magari in prossimità della fine della legislatura, con un Paese forse uscito dall’emergenza, potrà rivendicare il merito dello scampato pericolo. Sarebbe infatti un peccato per il Paese, perdere la sua capacità politica.
Perdere Zingaretti o Di Maio non sarebbe invece un problema, io personalmente la vedo più come una opportunità.
(13 febbraio 2021)
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