di Vittorio Lussana, #Giustappunto
In questi giorni di attesa del nuovo Governo di ‘Unità nazionale’, abbiamo letto o ascoltato alcune ‘fake news’ in merito al percorso professionale del professor Mario Draghi. Si tratta di luoghi comuni che non stanno né in cielo, né in terra. Il primo, totalmente falso, è quello che lo indicherebbe come autentico inventore dei titoli derivati e dei mutui ‘facili’: quel tipo di ‘pacchetti’ finanziari che generarono, nel 2008, l’ormai famoso “debito cattivo”, tanto per citare lo stesso Mario Draghi. Ma quei titoli di debito ad alto rischio vennero messi in circolazione ben prima che lui entrasse a far parte del Comitato tecnico della Goldman Sachs.
Siccome non ci troviamo di fronte a una notizia sconosciuta e si può facilmente accertarla, va da sé che ci ritroviamo di fronte a una calunnia in malafede, messa in giro dai soliti circuiti estremisti della destra sovranista o della sinistra più radicale.
In seconda battuta, ci sono alcuni personaggi in cerca d’autore che lo criticano per le privatizzazioni degli anni ’90 del secolo scorso, in particolare quella dell’Iri. Si trattò, in effetti, di un’operazione che ha dato risultati alterni: questo è senz’altro vero. Tuttavia, nessuno ricorda cos’era diventato l’Iri: un vero e proprio parcheggio di aziende decotte, che sopravvivevano unicamente grazie agli aiuti di Stato. Oltre a ciò, non solo Mario Draghi non fu affatto il colpevole ‘politico’ di quella ‘svendita’, ma ne ha curato gli aspetti ‘tecnici’, riuscendo ad abbassare il nostro debito pubblico dal 125% del Pil al 115%: una manovra che ci permise di entrare nell’euro.
Anche in questo caso, è stravagante osservare come un’operazione ritenuta, a quei tempi, necessaria e che nessuno voleva fare, perché significava dare dispiaceri e ‘tagliare’ privilegi, venga oggi giudicata in maniera totalmente negativa da gente che il debito lo ha portato quasi al 170% del Pil. Insomma, sarà anche vero che a destra tutti fingono di avere la verità in tasca quando non sanno neanche le tabelline delle elementari, ma a sinistra resistono alcune convinzioni, assolutamente ideologiche, che teorizzano uno Stato monopolista e assistenziale, dimenticandosi che, in regime di monopolio, stabilire il prezzo delle merci è un bel problema, dato che non si possiede alcuna pietra di paragone.
Quando si produce senza concorrenza, si può solamente fare un ‘bilancio a zero’, con un tot di uscite e un tot di entrate, senza alcun ricavo o messa a reddito. Ovvero, un concetto totalmente anti-economico, perché se così fosse, neanche l’ortolano avrebbe alcuna convenienza a vendere due carciofi al mercato. Insomma, ragionamenti da emporio sovietico, dove puoi acquistare dei calzini che si ritirano al primo giro di lavatrice. E la lavatrice stessa ti ‘straccia’ le mutande, riducendole in brandelli. Roba da bocciatura immediata al primo anno di Economia e Commercio.
Eppure, sulle varie piattaforme web c’è il ‘pieno’ di questa roba qui, spacciata da commercialisti, avvocati e professionisti alla ricerca di un misero ‘brandello’ di visibilità. Ma chi li ha laureati questi qui? Noi, ormai, crediamo proprio che bisognerebbe cominciare a indagare e, in qualche caso, anche arrestare, certi ‘professoroni’ universitari. I quali, non si sa su quali basi, hanno messo in circolazione una serie di neo-laureati pericolosissimi, ‘pescati’ tra le fila della piccola borghesia più accidiosa e qualunquista. Oppure, sarebbe il caso di pubblicare un bel saggio di successo, che possa fungere da bussola di orientamento. Una sorta di manuale intitolato: ‘Come riconoscere un reazionario’. Solamente in tal guisa, alcuni docenti potrebbero trovarsi nelle condizioni di ‘smascherare’ certi ‘lupi’ travestiti da ‘agnelli’, evitando ulteriori danni al Paese.
(11 febbraio 2021)
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