di Daniele Santi #Lopinione twitter@gaiaitaliacom #Maiconsalvini
Dopo la grandissima vittoria di Luca Zaia in Veneto era evidente che Matteo Salvini non sarebbe stato a guardare il governatore del Veneto che regnava mentre il suo salvinismo illiberale ed antidemocratico veniva lentamente sotterrato, con la complicità di Giorgetti. I Fratelli Coltelli d’Italia hanno quindi lanciato i salviniani alla resa dei conti chiedendo gentilmente, e offrendo poltroncina in cambio, al salviniano Fontana di togliersi dalla segreteria delle Lega Veneta.
La poltrona è succulenta e promette integralismi e talebanismi di vario tipo: Fontana sarà capo dipartimento Famiglia e valori identitari, con il compito di elaborare la strategia nazionale della lega di Salvini, inchieste permettendo. Della faccenda Zaia non sapeva niente. Dicono. E conferma a Il Fatto Quotidiano: “L’ho saputo poco prima”. Fontana avrebbe addirittura tracciato l’identikit del suo successore lanciando un’ulteriore sfida: “Se ci sarà un cambio ai vertici della Liga Veneta lo deciderà Matteo Salvini“. Che in Liga Veneta conta tanto come conto io al ministero degli Esteri di Myanmar.
I motivi del redde rationem salviniano stanno tutti nei numeri delle ultime elezioni venete: la Lega di Zaia, che è la Liga Veneta, ha preso il 44% dei voti, la Lega di Salvini – che fa sfracelli solo nei sondaggi – ha preso invece il 16% (“Non votate la lista Zaia, gridavano dal direttorio salviniano, votate la Lega di Salvini!). Così Salvini, che è una volpe, muove in assetto di guerra invece di andare in pace, mentre scivola lentamente ma inesorabilmente verso l’abisso. Del resto la sua lista, in Veneto, aveva al suo interno tutti gli ex assessori della vecchia giunta regionale, immaginate il risultato che avrebbe ottenuto se non li avesse avuti?
(17 novembre 2020)
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