di Lorenza Morello #DPCM twitter@gaiaitaliacom #Costituzione
La cosiddetta lotta al Coronavirus vede, ahinoi, per lo più due grandi fazioni contrapposte tra chi ritiene che il diritto alla salute sia il bene principale da difendere e garantire (e in forza di questo vuole e accetta che si faccia tutto quanto è possibile per impedire la propagazione della pandemia, anche attraverso provvedimenti che limitano alcune libertà) e chi invece ritiene che la libertà sia la madre di tutti i diritti e che, quindi, osteggia questi provvedimenti non solo in quanto illegittimi giuridicamente (cosa che va lasciata dire agli esperti della materia) ma proprio in quanto lesivi del diritto principe che ricomprende, quindi, in quanto libertà, ivi compresa la libertà di ammalarsi (diversamente non si vede perché il nostro stato non abbia mai bloccato il commercio che danneggiano senza dubbio la salute -vedasi, ad esempio, il tabacco- sui quali, anzi, percepisce dei denari). Prendere provvedimenti che limitano le libertà diminuendo la democrazia in virtù di una protezione di qualsivoglia natura, sanitaria, militare, ordine pubblico, tranquillità sociale ecc., è stata, ed è, la prassi di tutti i governi senza distinzione di natura (democratici, dittatoriali, militari, ecc.). Ma possono contrapporsi tra di loro i diritti? Ed in particolare, si possono contrapporre il diritto alla salute ed il diritto alla libertà?
E, ancora, chi ha il potere di limitare questi diritti secondo la legge che disciplina il nostro ordinamento giuridico? Perché, vedete, nel baillame di queste ore in cui, a colpi di annunci rinviati, si attendeva l’ennesimo decreto, la preoccupazione principale della popolazione (specie di coloro i quali lavorano in proprio) verte sul dato specifico e reale dell’ennesima chiusura a macchia di leopardo che, ormai è dato incontrovertibile, comprometterà in modo irrimediabile l’economia di molte famiglie italiane. Non deve però sfuggire anche il dato giuridico sottostante ovvero (come chi scrive ha denunciato fin dall’inizio parlando di “golpe”) l’ennesima, e si teme stavolta letale, violazione della nostra costituzione. Eh sì, perché nel decreto pubblicato in Gazzetta il poter di decretare le zone rosse a propria discrezione passa con nonchalance dal Presidente del Consiglio al Ministro della salute. Ovvero: un soggetto non legittimato a fare tale consegna ne legittima un altro ancor meno legittimato. La nostra costituzione sancisce, agli artt. 23 e 97 (che permeano tutti gli articoli che vertono sui diritti fondamentali), il principio di legalità in base al quale qualsiasi provvedimento normativo o amministrativo deve avere nella legge il proprio fondamento. Quindi perché un Ministro possa esercitare tale potere deve essere incaricato da una legge o un atto avente forza di legge che lo legittimi delineando altresì, almeno a grandi linee, il suo raggio di azione. Questo è il motivo per cui il potere di emanare i DPCM è stato previsto da due decreti legge. A chi eccepisse poi che il Ministro della salute ha potere di ordinanza come previsto dall’art. 32 della legge 833/1978 si deve sottolineare che i confini di questo potere non possono essere rimodulati da un DPCM. In altre parole, non c’è fondamento legittimo per l’esercizio di attribuzioni così penetranti e invasive in capo al Ministro della salute, per di più senza accordo con le regioni. Inoltre, il Presidente del Consiglio si erge indebitamente a livello di legislatore, sottratto anch’egli al principio di legalità.
Nel silenzio assordante del Presidente della repubblica, della Corte costituzionale, e del Parlamento in quanto i DPCM sono sottratti al loro controllo.
E la certezza del diritto vacilla.
La nozione tradizionale, illuministica, della certezza del diritto pone al centro della prospettiva il cittadino, l’uomo comune, il “destinatario primario” delle norme giuridiche: il soggetto, cioè, il cui comportamento le norme servono a regolare. Il diritto ha una essenziale funzione di guida delle condotte umane, e per realizzare questa funzione esso deve essere conoscibile e riconoscibile con certezza dai suoi destinatari. Questo d’altronde risponde non solo a fini di efficacia ed efficienza del sistema giuridico (per realizzare i suoi scopi, per essere obbedito, il diritto deve essere conosciuto dai suoi destinatari), ma anche a valori di equità (nel senso di fairness) e di attenzione alla dignità e autonomia dei cittadini. Questioni che sembrano non più pervenute in Gazzetta Ufficiale.
(5 novembre 2020)
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