di Daniele Santi #Sud twitter@gaiaitaliacom #Politica
Per la leader Meloni, già Le Pen della Garbatella la Calabria sta diventando una specie di palude dalla quale rischia di non uscire più, così ha cominciato a dare ordini di smarcarsi da una terra promessa che è invece un postribolo tra scandali, arresti e inchieste giudiziarie.
Così per la bionda stratega del neofascismo sovranista, la calabria non è più luogo ed è diventato loculo: insomma tocca andarsene. e in fretta. Del resto cinque indagati in otto mesi in una compagine che doveva fare miracoli – e non è detto che non li stia facendo, essendo le vie del signore infinite – ma ha votato vitalizi anche se sei consigliere per un giorno (con successiva clamorosa retromarcia). Così a Meloni&Meloni è toccata la marcia indietro rispetto a Reggio Calabria – hai visto mai – e ad Edmondo Cirielli, che decise le candidature alle regionali, è toccato il siluro.
Non va meglio agli altri fratellitalioti del neosovranismo che vengono tolti d’ufficio dai posti di potere, quando la poltrona scotta s’ha da far presto; così Meloni&Meloni ha ordinato di astenersi dall’indicare il candidato Sindaco a Reggio Calabria (andato alla Lega), la Presidenza del consiglio regionale (andata a Forza Italia) e la Presidenza della commissione regionale anti ‘ndrangheta. Decisioni che qualcosa vogliono dire.
Ne scrive Tpi.it ricordando l’arresto del fratello d’Italia Roberto Rosso in Piemonte per scambio di voti politico-mafioso – una robetta – e la seguente roboante dichiarazione della bionda nazionale che non ha nessuna cura delle sue corde vocali. Un peccato.
la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta ci fanno schifo e ci fa schifo chi scende a patti con loro. Da sempre, noi di Fratelli d’Italia siamo rigidissimi nella selezione e nelle candidature e facciamo tutto quello che è nelle nostre possibilità per proporre agli italiani persone senza macchia”.
Così griadva ai tempi Meloni&Meloni che qualcosa andava pur detto ed andava pur fatto perché in Calabria ne saltava in aria uno ogni 45 giorni più o meno e non è che si poteva continuare a far finta di nite. Perché le cose per i neofascisti sovranisti di Fratelli d’Italia non vanno bene. Scrive ancora Tpi.it
Domenico Creazzo, già sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, appena un mese dopo la sua elezione è stato arrestato (ed è tutt’ora agli arresti domiciliari) nell’ambito dell’inchiesta “Eyphemos” della Dda di Reggio Calabria. È accusato di voto di scambio politico mafioso con la cosca Alvaro di Sinopoli. Nella stessa inchiesta compare l’altro consigliere ex PD fresco di svolta sovranista Giuseppe Neri. Pur non essendo indagato, in un passo dell’ordinanza di custodia cautelare dell’ex consigliere Creazzo si legge che il fratello di quest’ultimo, Antonino, “senza mezzi termini, ascriveva il successo elettorale precedente di Giuseppe Neri ‘all’impegno’ di importanti cosche di ‘ndrangheta, attivate tramite intermediario”.
Insomma, se è dura la vita del politico onesto ancora più dura è quello della madre di figli sì scriteriati che non ne vogliono seguire i saggi insegnamenti. Metti ad esempio Giancarlo Pittelli. Un ex parlamentare in carcere dallo scorso dicembre (arrestato perché indagato per concorso esterno in associazione mafiosa) che la Meloni nel 2017 aveva accolto nel Partito twittando: “Pittelli è un valore aggiunto per la Calabria e per tutta l’Italia”.
Perché non si tace mai abbastanza. Soprattutto in tempi di social.
(8 luglio 2020)
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