di Giovanna Di Rosa #Lopinione twitter@gaiaitaliacom #PD
Il PD ha un problema che si chiama Michele Emiliano. Non è un problema in sé in quanto umano che respira, è un problema politico grande e grosso. E’ la palla al piede di Zingaretti, che di palle al piede non avrebbe proprio bisogno, ed è l’ostacolo che impedisce una possibile convergenza in Puglia tra il PD di Zingaretti ormai prono alla diarchia Grillo/Casaleggio e Italia Viva di Matteo Renzi, abilissimo nel controllare il suo partito e i renziani rimasti nel PD.
Lo dice a chiare lettere e con la consueta dose di frustate la coordinatrice nazionale di Italia Viva e ministra per le politiche agricole Teresa Bellanova, che non fa sconti a Zingaretti.
Al Pd abbiamo detto con chiarezza che Emiliano rappresenta una gestione del potere opaca, che è uomo di divisioni, che questi anni di governo sono stati molto critici e che perciò occorreva liberare il campo per avviare un confronto. Insomma: il Pd deve dirci se vuol essere il partito di Bonaccini o di Emiliano, ed è una questione che non pone solo Italia viva. Il nostro appello è innanzitutto al Pd nazionale, visto che per quanto riguarda il regionale la situazione è sotto gli occhi di tutti: Emiliano non avrà la tessera del Pd, ma ne è di fatto il maggior azionista».
Emiliano rimane nell’attualità l’unico candidato possibile per il PD del segretario che non decide nulla e quel nulla lo decide male perché lo ha deciso D’Alema: ci sono primarie-foglia-di-fico con due candidati che di fatto non garantiranno un reale ricambio ai vertici della politica pugliese del centro-sinstra [sic] rimanendo di fatto invischiati nei pesi e contrappesi che la gestione Emiliano ha creato nella regione. Ci sono poi alcune sciagurate questioni che si chiamano Xylella o Ilva ed un governatore che nel corso del tempo ha dimostrato di fare esattamente il contrario di ciò che predica.
Come se si parlasse di un Di Maio più corpulento, più ingombrante ed esattamente incapace.
Poi c’è la questione legata ai segretari provinciali del PD pugliese che già sfiduciarono in massa Michele Emiliano – era l’aprile del 2018 – con una lettera che non lasciava spazio a dubbi:
Di fronte alle ultime operazioni che si stanno determinando nella nostra Regione, sentiamo la necessità di comunicare, sconcertati come siamo, l’assoluta indifferenza del governatore Michele Emiliano verso gli organi del Pd cui fa parte, così come l’assoluta alienazione del suo agire quotidiano da quelle che sono le istanze urgenti dei territori, l’assoluta superficialità nel tenere a mente il mandato che gli è stato affidato: il governo della Regione Puglia in primis. In ultimo, grande è stata l’amarezza nell’apprendere la nomina di Simeone Di Cagno Abbrescia a Presidente del CdA di AQP, notoriamente uomo di destra, operazione che difficilmente sapremo spiegare ai nostri interlocutori quotidiani”.
A pochi mesi dalle elezioni nella regione dunque Emiliano è ancora lì, a dettare le condizioni senza dettarle. Perché basta restare immobili dove si è per inquinare il fluire delle eventi.
Diceva ancora Bellanova:
Chi parla di un programma per Taranto forse ignora che quel programma c’è già, nero su bianco, lo abbiamo scritto con il governo Renzi: Contratto istituzionale di sviluppo, Area di crisi complessa, risorse per la cultura e la rigenerazione della Città vecchia, rilancio del Mar-Ta, Porto, anche con la costituzione dell’Agenzia portuale che permettesse ai lavoratori il passaggio indolore nella nuova società di gestione, Arsenale. La diversificazione produttiva è un passaggio lento che si costruisce passo dopo passo. E che non può prescindere da ambientalizzazione, bonifiche ambientali, tutela e salvaguardia dei lavoratori e della forza occupazionale».
E nel frattempo il PD decideva di suicidarsi ricandidando Emiliano alla guida della Puglia in chiave anti Italia Viva. L’immobilismo un po’ cialtrone di questo paese è causato dall’immobilismo eccessivamente cialtrone di troppi dei suoi uomini politici che nemmeno quando falliscono, o si dimostrano palesemente incapaci, sanno decidere di togliersi di mezzo.
(5 gennaio 2020)
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