di Vittorio Lussana #Giustappunto! twitter@gaiaitaliacom #Marchettifici
Gianluigi Paragone si è chiesto in questi giorni cosa andare a fare alla festa napoletana di ‘Italia a 5 stelle’. Una domanda retorica, ovviamente, che si risponde da sola. Un po’ come quelle riviste che vengono a spiegarti cosa devi fare quando ti ritrovi prigioniero delle sabbie mobili, senza minimamente porsi la domanda principale: ma come ‘diavolo’ hai fatto a finirci dentro? Eccola, dunque, la vera domanda, quella non retorica: perché ti sei candidato con il Movimento 5 stelle, caro Paragone? Per fare un governo con le destre sovraniste? E c’era bisogno che tu andassi con Di Maio e compagnia per far questo? Non potevi chiedere un posto nelle liste della Lega? Sei pure di Varese, tra l’altro…
Forse è una sindrome, quella di molti colleghi: pensano di poter incarnare essi stessi la linea politica di un Partito. Ebbene, si sbagliano. Non soltanto perché le loro ‘mire’ finiscono con l’intrappolarli in certi ‘labirinti ideologici’, ma anche per il fatto che bisognerebbe anche ammettere, a un certo punto, che i molti dubbi sollevati ‘da sinistra’ in merito all’ambiguità e alla mancanza d’identità del M5S erano fondati. In buona sostanza, oggi Paragone sta dando ragione al tanto odiato Pd. Con grave ritardo, oltretutto. E risultare in ritardo persino rispetto al Pd, la dice lunga sulle sue capacità politiche, giornalistiche e più propriamente professionali.
Il Pd ha i suoi pregi e i suoi difetti, come tutti gli altri Partiti. Ed è anch’esso attraversato da correnti ben distinte, con un suo centro, una sua destra e una sua sinistra. Come qualsiasi altra forza politica, compreso il Partito nazionale fascista di Mussolini. Solamente Paragone non è al corrente di queste cose. Come quella tipa che, un bel giorno, mi presentò un’articolo col seguente ‘attacco’: “Forse non tutti sanno, che il turismo è una ‘voce’ economica importante per Roma”. Una ‘non notizia’, praticamente. Solamente lei, non lo sapeva. E si trattava di una collega romana…
Come si fa a non sapere che le entrate economiche di una città come Roma provengono, principalmente, dal turismo, a cominciare da quello religioso? E come si fa a non capire di essere entrati a far parte di un movimento politico completamente privo di tradizioni identitarie? I suoi stessi leader lo hanno sempre ammesso, pacificamente. Dove stava, Paragone? Chiuso dentro a un armadio? La vera causa di fondo di degenerazioni di questo genere è la totale mancanza di scrupoli e di deontologia professionale di gente come Paragone e di tanti altri colleghi che imperversano nei nostri palinsesti televisivi. In tutti questi anni, la notizia che costoro hanno proposto ai telespettatori era semplicemente quella di avere Matteo Salvini in studio, non che il parere del leader della Lega fosse ‘pertinente’ per parlare di questioni politiche contingenti. L’errore risiede nell’autoreferenzialità, nel continuare a proporre dei ‘talk’ in cui invitare Matteo Salvini rappresenta una scelta certamente legittima, ma per incalzarlo, per metterlo in difficoltà, non per consentirgli di fare il suo ‘calderone’, di mettere insieme tutto e il suo contrario, di parlare a ‘ruota libera’ di un magistrato cattolico come Rosario Livatino e di un ateo ‘incallito’ come Enrico Berlinguer.
L’abilità di un politico dovrebbe esser quella di dimostrarsi professionale e competente, non di risiedere perennemente negli studi televisivi: la bolletta della luce di Salvini non arriva più al suo indirizzo di residenza, bensì presso gli studi televisivi de ‘La 7’. Ma se stai tutto il giorno e tutti i santi giorni in televisione, oppure te ne vai continuamente in giro per comizi e sagre di paese, quando mai lo affronti un problema qualsiasi dei cittadini e del Paese? Quanto lavorano i nostri politici? E in che modo? Con quali risultati? E i nostri giornalisti? Si rendono conto di diffondere messaggi completamente distorti, oltreché ‘tagliati’ con l’accetta?
L’Ordine dei giornalisti è un organo senz’altro da riformare, ma non certo per appiattirci tutti quanti sul ‘marchettificio’ attuale, bensì per diventare uno strumento più snello e funzionale, in grado di contare qualcosa in merito a certe trasmissioni di approfondimento. Allo stesso modo, certi esponenti politici dovrebbero smetterla di portare avanti solo e unicamente se stessi, ma affrontare e, possibilmente, provare a risolvere i problemi dei cittadini. Se Paragone volesse veramente diventare un personaggio politico credibile, dovrebbe comprendere almeno questo, non limitarsi agli anatemi nei confronti degli altri. Perché con gli anatemi, oltre a impedire ogni dialogo serio e costruttivo tra le forze politiche, si dipingono le cose a ‘tinta unita’, finendo prigionieri dei propri stessi errori.
Caro Paragone, già come giornalista eri insulso e assai poco corretto, ma come politico, sappi che vali ancor meno…
(12 ottobre 2019)
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