di Vittorio Lussana #Giustappunto twitter@gaiaitaliacom #Politica
Le polemiche di questi ultimi giorni, relative al discorso pronunciato da Greta Thunberg innanzi all’Assemblea generale dell’Onu, hanno dato la perfetta misura di un Paese immobilista e piccolo borghese. Caratteristiche odiose, tipiche di gente invidiosa di chiunque, persino di una ragazzina di 16 anni affetta dalla sindrome di Asperger. Ma attenzione: se poniamo in relazione questo dato con la sentenza della Corte costituzionale sul ‘fine vita’, ci accorgiamo che, sotto il profilo culturale, non sono le destre sovraniste il vero ‘muro’ divisorio subculturale, né le sinistre burocratiche o post marxiste. L’ultima barriera nascosta nell’ombra rimane un cattolicesimo reazionario inconsapevole di essersi autoconfinato negli angusti ambiti dell’esoterismo superstizioso. E’ fuor di discussione che, da un punto di vista laico, noi siamo promotori della più ampia libertà di culto possibile, poiché anche la laicità è filosoficamente impregnata di princìpi che derivano dal cristianesimo o che ne mutuano l’applicazione in una ‘chiave’ interpretativa più moderna e adatta ai tempi. Tuttavia, questo cattolicesimo ortodosso rimane un ‘grumo’ di conservatorismo che non solo tende a eliminare ogni ‘punta critica’, ma addirittura le rigetta facendo ‘orecchio da mercante’, nel tentativo di riuscire sempre a ‘sgattaiolare’ dalla verità. Un clerico-fascismo che si può rintracciare anche in mondi e ambienti progressisti, sia ben chiaro.
Frasi pregne di eleganza filosofica del tipo: “Greta Thunberg ha rotto il cazzo”, le abbiamo lette anche sulle pagine Facebook del Partito socialista italiano. Quello stesso Psi che scelse di aderire e sostenere la campagna referendaria del 1987 contro il nucleare. A riprova di una tesi che ci è sempre stata molto a cuore: quanto accaduto in quel Partito nei primi anni ’90 del secolo scorso non fu diretta responsabilità di Bettino Craxi, bensì di molti socialisti, ormai avviati a trasformarsi in una sorta di corrente interna della Democrazia cristiana. Peccato che anche alla Dc toccò in sorte una fine ancor più ingloriosa di quella del Psi.
Sia come sia, è interessante notare come in quel poco che è rimasto dell’antica formazione di Treves e Turati vi siano militanti e dirigenti locali sostanzialmente di destra, che attendono l’avvento di un nuovo ‘uomo della Provvidenza’ esattamente come succede tra le fila della Lega o in Fratelli d’Italia. In ogni caso, il fatto che in Europa il più debole dei Partiti ambientalisti viaggi attorno all’8%, mentre qui da noi i ‘verdi’ risultino letteralmente emarginati – anche e soprattutto da nuove e più recenti ‘pseudoculture’ di sinistra – è indicativo di un ceto politico antistorico, poco moderno, inattuale. Perché anche a sinistra i cattolici sono riusciti a fare i loro danni, ovviamente, infeudandola con un ‘catto-comunismo’ assolutamente ipocrita e falso. Non ci si può stupire se le cose qui da noi vanno male: non riusciamo proprio a individuare una tematica attuale e andiamo regolarmente ad arroccarci dietro vetuste suggestioni propagandistiche, a destra come a sinistra. A gente del genere, dell’ambiente non gliene può fregare di meno. Almeno fino a quando non accade qualcosa di grave: un alluvione devastante, un incendio gravissimo, un terremoto clamoroso.
“Una masnada di egocentrici”, avrebbe commentato Italo Svevo. E avrebbe ragione: una sinistra totalmente priva di identità ha bisogno come il pane di sposare alcuni obiettivi strategici, come quelli dell’ecosostenibilità ambientale e di un nuovo modello di sviluppo. E una destra incrostata da un cattolicesimo trascendente, dogmatico, incompatibile con la democrazia avrebbe anch’essa urgenza di aprirsi a una versione liberale dell’ambientalismo stesso. Niente da fare: alla fine, qui da noi si finisce sempre travolti dai fenomeni, senza che nessuno riesca a comprenderli o a governarli. Anche semplicemente al fine di distinguere ciò che è giusto perseguire, da quel che potrebbe risultare utopico o apocalittico. Una politica strategicamente interessata ad atti e obiettivi instaurativi, in Italia non esiste. Sono solo i fatti quelli che, ciclicamente, s’incaricano di cambiare le cose, dopo esser già andati regolarmente a ‘sbattere’ contro il muro. Come nei casi del fascismo, di Tangentopoli, del ‘nonnino’ di Arcore e, persino, in quello del nuovo leader della Lega, Matteo Salvini: vero e proprio specialista del suicidio ‘non assistito’. Sono sempre i ‘fatti’ quelli che cambiano la Storia del nostro Paese, mai gli ‘atti’ di qualcuno. Al contrario, qui da noi ci si guarda bene dall’andare alla radice dei fenomeni, alle loro vere cause. In termini filosofici: agli ‘atti’ che causano i ‘fatti’.
E se un pezzo del ghiacciaio del Monte Bianco all’improvviso si stacca e viene giù, il problema è quasi esclusivamente del sindaco di Courmayeur: punto e basta. Fu così anche per il Vajont e tanti altri disastri che, regolarmente, capitano o sono capitati sul nostro territorio nazionale. La prevenzione, in Italia, non ha cittadinanza. Anche e soprattutto in politica. Neanche quando ci sarebbe tutto il tempo per spostarsi di poche centinaia di metri, al fine di evitare un meteorite proveniente dallo spazio. Un popolo di pazzi, che meriterebbe una gigantesca terapia psichiatrica collettiva. Perché tra la maggior parte degli italiani e Greta Thunberg, quelli affetti da problemi mentali decisamente seri, siamo proprio noialtri.
(28 settembre 2019)
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