di E.T. #Neofascismi twitter@gaiaitaliacom #Maschiacci
Dichiararsi fascisti è diventato un vanto: un vanto da esposizione. Il vanto agisce secondo stereotipo: palestra, abbigliamento maschissimo, idee poche e confuse, vocabolario di 100 parole, recriminazione nei confronti degli altri, nessuna assunzione di responsabilità, attitudini quasi nessuna tanto ci penserà qualcun altro, sindrome da onnipotenza, centimetri pochi e frequentazioni trans nottetempo e di quando in quando, ricerca di quella ipermascolinità che è la quintessenza della frociaggine. Viscida, unta, dalle sopracciglia rifatte. Che almeno quelle, al contrario della stupidità, le puoi estirpare.
Non sanno cos’è il fascismo. Si soffermano sul petto in fuori del ducetto del 1922 e sulle grida del ducetto del 2019. Del primo non sanno la storia, quella vera, del secondo nemmeno. Ma ciò che importa è l’odore di maschiaccio fascista che la loro immagine pubblica suggerisce: perché sono convinti di essere pubblici. Il maschio idio-italico ha bisogno di modelli di comportamento esterni avendo perso ogni certezza sulle meraviglie dispensate dal suo organo sessuale al quale le femmine delle stessa specie, attingono ormai soltanto per il loro piacere e quando non glielo dai più com desiderano ciao ciao…
Il maschiaccio fascista da esposizione è quello che trovi sul social e che indica al giornale che non scrive ciò che vorrebbe leggere la linea editoriale da tenere, accusando la proprietà e la direzione di chissà quale oscura connivenza politica (fatto che costituirebbe reato, ma dal maschiaccio fascista da esposizione non ti aspetti certo che conosca le leggi, lui le leggi le fa a casa sua, anche al cesso, e le applica come meglio gli conviene, salvo poi accusare gli altri di non farlo); è quello che passeggia come se fosse padrone della strada, amico al seguito; che parcheggia come cazzo gli pare salvo poi minacciarti con maschiaccia virulenza se lo fai tu e che quando lo incontri parla di tutto, senza sapere ciò che dice, pensando che qualsiasi argomento sia affrontabile con le cento parole che conosce.
E’ quello che io le coppie di uomini che si baciano se potessi le ammazzerei e poi apre le gambe per la prima trans di turno, perché come scrivevo in un mio romanzo “vogliono il cazzo ma lo vogliono con le tette”. E’ quello che provoca un incidente e poi scappa e quindi si costituisce piangente. E’ quello che le povere donne eterosessuali sono costrette a sopportarsi mezza vita, col quale fanno figli – perché questi, signora mia, procreano convinti di far bene – e poi abbandonano al loro destino di eterni palestrati, incoscienti, gonfiati, giovanilisti, anche a sessant’anni. Sono quelli che poi vanno dall’avvocato per la causa di separazione accompagnati dalle madri: le loro ex mogli – vero maschio di casa – ci vanno da sole.
Un orrore istituzionalizzato che corre sul filo invisibile dei social dove il maschiaccio fascista da esposizione racconta le sue inutili gesta, le vacanze in posti lontani pagate col mutuo che stenterà a restituire entro l’anno successivo così che riposterà le stesse foto, scrivendo che quando un posto è bello bisogna tornarci. Racconterà agli amici, è convinto di averne, quanti mi piace ha collezionato, farà strami di grammatica e sintassi e infine, soddisfatto, andrà a dormire. Convinto di avere vissuto un giorno soddisfacente.
Così dopo avere gridato all’ordine e alla sicurezza- gli mancano i mezzi per pensare che il vero pericolo all’uno e all’altra potrebbe essere il suo voto – il maschiaccio fascista da esposizione corre incosciente verso la fine della sua inutile esistenza durante la quale ha mangiato, trombato, evacuato e sparato vaccate.
Tutto in esposizione e pensando di essere un ganzo.
(20 luglio 2019)
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