di Vittorio Lussana #Giustappunto twitter@gaiaitaliacom #Politica
Come dimostrato alcune sere fa da Matteo Salvini innanzi a Lilli Gruber, ma anche dal nervoso Marattin nei confronti di Luca Telese, i politici cominciano a comprendere di dover rispettare una professione che non è la loro e che non conoscono affatto: quella del giornalista. Soprattutto, non accettano il fatto che, anche sulla base di un consenso più o meno consistente, essi oggi siano nelle condizioni di essere misurati, controllati e persino smentiti, quando necessario. Il politico non è più onnipotente. Ed è anche sciocco che si continui a darla a bere ai cittadini, facendo credere loro che la nostra classe politica sarebbe in grado di cambiare le cose, perché ciò non è del tutto vero. Lo sarebbe, se calcolassimo le loro capacità progettuali in base a una tempistica di medio/lungo periodo, affinando politiche e criteri di intervento, rivedendo ed estendendo lungo la strada le varie misure approvate. Dimostrando, insomma, di avere un progetto o un disegno preciso di società. Ma la bacchetta magica non ce l’ha nessuno. Dunque, è proprio l’approccio utilizzato dai politici quello che non va più bene: non andava bene prima con Berlusconi e il suo milione di posti di lavoro; non va più bene oggi Salvini, Meloni, Di Maio e compagnia cantante. Il vero ‘politico di razza’ sa quando deve parlare e quando è tenuto a stare in silenzio. Perché il silenzio aiuta la riflessione e ti dà modo di recuperare le informazioni corrette, realmente favorevoli per il cittadino: il silenzio dà modo al politico di avvicinarsi il più possibile alla verità. Ed è proprio in base a questo criterio che si potrebbero rivalutare molte figure generalmente considerate tristi, non ‘vincenti’, a lungo considerate persone ‘troppo serie’, poco simpatiche, che non sorridono mai. Eppure, pensandoci meglio, Bettino Craxi parlava dopo lunghe pause di riflessione; Enrico Berlinguer era una persona piuttosto schiva; Dino Zoff e Gaetano Scirea erano due ragazzi che parlavano pochissimo e che si presentavano sempre con umiltà e buona educazione. E anche il grande Fausto Coppi era così: un ragazzo di poche parole. Si vuole un’Italia che torni vincente? Se veramente è così, allora bisogna ricominciare ad apprendere quali siano i veri parametri di misura ‘antropologica’ delle persone, anziché mettersi, sempre e regolarmente, nelle condizioni di diventare vittime del ‘buffone’ di turno…
(10 maggio 2019)
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