di Giovanna Di Rosa #Minacce twitter@gaiaitaliacom #Salvini
E’ un curioso ed inquietante ministro dell’Interno quello che permette ai suoi social manager, tal Luca Morisi nel caso, assunto dal ministero dell’Interno e quindi pagato con denaro pubblico, di postare robaccia propagandista sui social senza nessun riguardo nei confronti dell’ordine costituito, dicasi pace sociale, dicasi convivenza civile, dicasi tensioni, dicasi leggi dello Stato.
L’ultimo, postato nel giorno di Pasqua, in perfetta linea con il cattolicesimo salviniano che riduce anche la religione a strumento elettorale, con il solito occhiolino virtuale che è segno di furbizia, complicità e del guarda come ti prendo per il culo l’Italia tutta, ha superato ogni limite di decenza e ci si chiede perché il Sig. Ministro dell’Interno non intervenga, non rimuova il post, non rimuova il Morisi, non prima di averlo sbugiardato, non dica una parola. Semplicemente perché non gli conviene: un po’ come fece con il suo fan Karim che offese pesantemente una poliziotta (e poi si scusò con un video patetico, lo facessi io marcirei in galera per mesi).
Il post del Morisi è postato (ridondanza!) qui sotto e racconta più del vassallo, più realista del Re, che del sovrano che pare limitarsi ad osservare con paterno distacco il figlio preferito e un po’ vivace che scorribanda le sue pulsioni adolescenziali. Ma qui non si tratta di ormoni, né di bambini vivaci.
A Morisi dev’essere sfuggito qualcosa nel suo sentirsi onnipotente dio dei social dell’era leghista. Il fatto ad esempio che l’Italia, nonostante le apparenze, è ancora uno stato di diritto e che lui, il Morisi, non è soggetto all’immunità parlamentare – se per caso lo è ditecelo perché ci siamo persi qualcosa. Così mentre si parla di mitra, di elmetti e di armi come se fossero scherzi sui quali giocherellare come si fa con i propri testicoli, ecco un caso che dovrebbe essere approfondito da tutti quegli uomini di Stato che allo Stato e alla sua tenuta democratica tengono sul serio.
La campagna elettorale perenne di un uomo di Stato che è vicepresidente di un governo fallimentare, del quale è anche ministro dell’Interno in perenne conflitto con tutti, non può trascinare il paese in una nuova roulette da anni di piombo che preferiremmo tutte e tutti lasciarci alle spalle.
(22 aprile 2019)
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