di Paolo M. Minciotti #Tunisia twitter@gaiaitaliacom #LGBTI
Il governo di Tunisi ha fatto appello alla decisione del tribunale del 23 febbraio 2016 che autorizzava l’attività dell’associazione per i diritti delle persone LGBTI Shams che è attualmente l’unica organizzazione che si occupa della depenalizzazione dell’omosessualità in Tunisia.
La realtà sociale tunisina è totalmente diversa da come la si immagina da queste parti o da come il turista, ancora troppo spesso alla ricerca di incontri spesso mercenari, la percepisce. L’omosessualità, maschile e femminile, è larghissimamente praticata nel paese ma è percepita, anche da coloro che la praticano, in modo assai differente dalla percezione che ne hanno le nostre società: mi lascia perplesso, da persona che conosce bene quel paese e le sue leggi, che i siti italiani di cose LGBTI parlino del governo tunisino che avrebbe fatto ricorso sulla base del fatto che Shams violerebbe “i valori islamici della società tunisina, che rigetta l’omosessualità e ne proibisce un tale comportamento estraneo”. La costituzione tunisina parla di laicità dello Stato anche se la legge, all’articolo 23O del codice penale, punisce severamente gli atti omosessuali.
Pareri personali a parte, ciò che conta è che l’associazione Shams affrontare la sua battaglia con la Legge e rischia di essere dissolta. L’associazione paga il forte sostegno dato alla lotta per l’abrogazione della legge che penalizza l’omosessualità e la denuncia della barbara pratica degli esami anali obbligatori (ma illegali) considerati prova evidente di omosessualità e viene minacciata di dissoluzione nonostante il suo statuto sia stato riconosciuto nel 2015 perfettamente in linea con le linee guida governative.
(12 marzo 2019)
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