di Vittorio Lussana #Politica twitter@gaiaitaliacom #pentaleghismo
Dopo i recenti risultati abruzzesi, il Movimento 5 stelle ha finalmente compreso di dover cominciare a chiedersi cosa vuol fare da grande. Una questione che, a dire il vero, avrebbe dovuto porsi da sé, a prescindere dalla negativa ‘tornata’ elettorale del 10 febbraio. Un movimento che non è di destra, ma si allea con la destra peggiore, revanscista e razzista; che non è di sinistra, ma parla di lotta alla povertà e di green economy. Ma la colpa di tutto questo non è neanche dei ragazzi che, attualmente, dirigono questa forza politica, condotta irresponsabilmente alla guida del Paese. La vera colpa è degli italiani, che non sanno neanche più da quale parte provengano e di chi siano figli. La classe politica di un Paese rispecchia, sempre e comunque, il Paese medesimo. Ed è quindi giunta l’ora di smetterla di rompermi il cazzo con la frase: “Sei un anti-italiano”. Se fossi anti-italiano non sprecherei forze ed energie per scrivere tutto quello che scrivo, o per svolgere, ogni giorno, il lavoro che cerco di fare e di comunicare. La verità è che gli italiani rifiutano ogni categorizzazione culturale. Ma respingere qualsiasi categoria, significa semplicemente essere persone senza princìpi. In pratica, la frase che sentiamo in bocca a molti: “Non ci sono più i valori di una volta”, è un semplice luogo comune. Come quando di parla del maltempo, o del buco nell’ozono. E se anche c’è chi questa frase la pronuncia sinceramente, sarebbe il caso di rendersi conto che si tratta di una mera constatazione, quasi sempre rivolta contro gli altri o nei riguardi del prossimo, mai verso se stessi. Non c’è ‘self-analysis’, insomma, negli italiani di oggi. E mi riferisco a quelli di oggi, perché quelli di ieri, che hanno saputo ricostruire un Paese dopo il disastro della seconda guerra mondiale, erano persone meravigliose, semplici e umili, ricche di sogni e speranze. Quelli di oggi, invece, no. Mi dispiace, ma le cose stanno esattamente così. L’Italia di oggi, quella che rifiuta ogni categorizzazione culturale come se definirsi socialisti, liberali o cattolico-popolari corrispondesse a un epiteto o a un insulto, è sprofondata in un paganesimo provinciale totalmente contraddittorio, completamente privo d’identità. Senza la creazione della categoria degli ‘esodati’ non si potrebbe neanche parlare di chi, a suo tempo, si è ritrovato danneggiato dalla riforma previdenziale della signora Elsa Fornero. Dunque, anche le categorie e le ‘etichette’ servono: eccome, se servono! Soprattutto, se vogliamo considerarci delle persone realmente tutte d’un pezzo, dotate di una propria scala di valori e di princìpi. Un Paese ‘sordo’ alle categorizzazioni è semplicemente destinato all’autodistruzione o a diventare facile preda della prima demagogia che si presenta innanzi al suo cammino.
Tutto quel che è accaduto in questi ultimi tempi, per un verso è stato persino divertente: un popolo intero che ha finito col complicarsi la vita da solo. Se non mi trovassi di fronte a un Paese che amo immensamente, potrei affermare che ho persino tratto piacere da quanto accaduto da un anno a questa parte. Una giornata ridicola dopo l’altra, da andare a nascondersi per la vergogna. Tutti quanti, nessuno escluso.
Ma questo sarebbe cinismo: un esercizio di qualunquismo degno del mio popolo e della stessa gente che tanto critico. Un autentico uomo di cultura medio-alta non è fatto neanche così: non ama scherzare sulle disgrazie altrui. Anche perché, pur avendo effettuato passi da gigante nel mio percorso personale, ho ancora alcuni problemi personali da risolvere. E non posso dimenticare chi certe questioni non è nelle condizioni di risolverle da solo. Dunque, c’è ancora bisogno dello Stato. Il quale, non è ancora giunto al termine della propria funzione storica. E quando si parla di Stato, carissimi italiani, si parla, anche e soprattutto, dei suoi padri, non solamente dei suoi figli. E i veri padri di questa nazione sono i liberali come Giuseppe Mazzini e Benedetto Croce; i socialisti come Filippo Turati e Pietro Nenni; i nazionalisti come Giovanni Gentile e Giorgio Almirante; gli italo-marxisti come Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer; e i cattolici-democratici come Alcide De Gasperi e Aldo Moro. In questo ‘pantheon’, inoltre, dobbiamo citare anche i poeti e i letterati. A cominciare da Dante Alighieri, fino ad arrivare a Pier Paolo Pasolini ed Eduardo De Filippo, passando, ovviamente, per Alessandro Manzoni e Giovanni Verga. Infine, anche i musicisti fanno parte del cuore e dell’anima d’Italia, da Giuseppe Verdi a Ivano Fossati e Mia Martini, delicatamente descritti in un recente film di Riccardo Donna che ho molto apprezzato. A dimostrazione che, ogni tanto, questo Paese sa anche guardarsi allo specchio. Speriamo, dunque, che questa nuova ‘sbronza’ collettiva passi presto. E che gli italiani si decidano a diventare una democrazia moderna e funzionante, imparando a comportarsi come un popolo capace di dialogare con se stesso e con gli altri. Un popolo consapevole, in grado di riflettere e di pensare bene alle conseguenze di ciò che fa. E di quello che sceglie.
(15 febbraio 2019)
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