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La Bustina della Serva: il Camorrista e l’Attimo Sfuggente

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di Ci Ci Erre #labustinadellaserva twitter@gaiaitaliacom #camorra

 

 

L’Italia si prepara a scendere in piazza in vista del 10 dicembre giornata mondiale dei diritti umani. L’Italia bella, quella che non si dimentica di essere anch’essa umana nelle sue più accentuate contraddizioni attuali, l’Italia nelle piazze e nel mondo in ricordo di quella dichiarazione che in questo periodo storico pesa come non mai.

Eppure c’è una piazza, nella Bella Italia, che ogni anno per tradizione costruisce un falò, diventato famoso in tutto il mondo per la sua maestosità, costruito appositamente dai cittadini in accordo con le amministrazioni ogni 7 dicembre per onorare l’immacolata concezione.

Secondo la tradizione, alcuni pescatori nel bel mezzo di una tempesta, riuscirono a salvarsi dal naufragio grazie la presenza di alcuni fuochi che segnalavano la costa e che permisero loro di raggiungere la terra ferma. Da qui, la maestosa tradizione che vede ogni paese del comune di Castellammare di Stabia illuminarsi da km di falò. E così lo scorso 7 dicembre, i quartieri si illuminavano, ma uno di questi bruciava di un’altra tradizione, quella che per alcuni ancora non esiste, e mentre i visi si illuminavano in attesa dello scenario tanto atteso una scritta padroneggiava la pira “così devono morire i pentiti”.

Sotto la scritta un manichino perfettamente appeso che ha preso fuoco ovviamente, in una piazza stracolma di gente, oltre che di forze dell’ordine: lo spettacolo, il messaggio, l’avvertimento. O un falò che ogni anno diventa più grande in segno di un’identità cittadina che non vuole dimenticare le tradizioni e che nel 2018 diventa il palcoscenico camorrista impegnato in una sorta di caccia alle streghe.

Il manichino umano che brucia non è casuale, il messaggio è ben mirato ed è diretto a tutta la collettività che come unica colpa a quella di avere una personalissima tradizione. Tutto accede a soli 3 giorni dagli arresti, da parte della DDA di Napoli, dei vertici dei quattro clan operativi tra l’area stabiese e i Monti Lattari, proprio a seguito di dichiarazione dei pentiti. Occorre ora chiedersi e ricercare le ragioni di un tale scempio istituzionale oltre che morale, chiedersi perché sia possibile assistere ad uno scenario quasi apocalittico con dimostrazioni circensi che superano ogni controllo.

Lo spettacolo atteso da tantissimi bambini, costretti a subire una lezione che non avevano chiesto di apprendere. Vittime della bella Italia quella che non sente né vede né parla. Il male è presente, tanto presente quanto imponente e lancia messaggi intimidatori, pubblicamente, servendosi della piazza dei cittadini e della loro personalissima tradizione.

C’è anche da capire come alla preparazione di uno spettacolo di tale natura, soggetto a controlli istituzionali, di sicurezza e di permessi amministrativi, si sia riuscito ad appendere un messaggio mafioso, oltre che un manichino di dimensioni umane.

Il sindaco del Comune campano ha dichiarato che qualcosa non è andato come doveva andare, che qualcosa è sfuggito. E questo lo abbiamo capito, perché mentre l’Italia si prepara a scendere in Piazza, in nome dell’umanità, l’unica cosa umana che sembra essere rimasta in quella piazza è quel manichino e il messaggio di giustizia che rappresenta. Quello, il messaggio, s’intende, si auspica non sia sfuggito.

 




 

(9 dicembre 2018)

©gaiaitalia.com 2018 – diritti riservati, riproduzione vietata

 




 

 

 

 

 

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