di Daniele Santi #PD twitter@gaiaitaliacom #Politica
Così il patto contro Renzi siglato da Minniti e Martina per far fuori lo scomodissimo ex-segretario ed ex-presidente del Consiglio, non è andato a buon fine. La trista storia si conclude così con l’ex inquilino del Viminale che molla la presa sulla poltrona di segretario e sbatte la porta. I motivi? Non saranno mai resi noti nella loro nuda verità, ma parrebbe che si sia indignato assai dopo avere saputo che i renziani non avrebbero sostenuto la sua segreteria contro Renzi.
Sembra un po’ l’antica leggenda de “la matematica non è un’opinione” che agli avversari della matematica, ad esempio al governo pentaleghista, dà così fastidio. Mi metto lì a disposizione di chi non vuole Zingaretti su quella poltrona, raggruppo attorno a me un po’ di gente che è stata con Renzi, ma anche no, porto in eredità una staffetta (dalla quale opportunamente Matteo Richetti si è defilato, cosa che avrebbe potuto parlare alle orecchie di Minniti) col buon Martina, prendo i voti necessari e via andare: il PD è nostro. Tirato per la giacca da tutte le parti, il già ottimo ministro dell’Interno, ha ben presto visti i suoi limiti: essere un mastino non significa essere anche un cane da caccia né un levriero. Soltanto Di Maio e Salvini riescono ad essere tutto e niente nello stesso tempo. Tocca quindi fare i conti con i propri limiti.
Dopo il defilarsi è quindi necessario trovare un colpevole. E chi meglio di Matteo Renzi può essere additato come tale? Lui che ha avuto addirittura l’ardire di prendersi la poltrona di segretario con oltre il 70% dei voti degli iscritti ed immediatamente le primarie del PD sono diventate insopportabili? Lui che addirittura pensa che essendo il PD un partito di morti che vogliono solo il potere sarebbe forse quasi meglio avere dei comitati ad personam vedasi un nuovo partito di ispirazione renziana al di fuori del PD e che al PD rompa i coglioni sul serio?
In realtà, quella realtà che va raccontata edulcorandola, Minniti ritira la sua candidatura per salvare il PD, che è già morto e verrà stritolato dai deliri politici di Emiliano, l’immobilismo filo staliniano di Cuperlo e i teatrini di Zingaretti. Il PD è morto. Morto dentro.
Renzi da parte sua non le manda a dire. Anzi le canta chiarissime con un post su Facebook politicamente pesantissimo
con Minniti che chiarisce a Repubblica (e a chi altri sennò) che lascia la corsa alla segreteria per salvare il PD che tra tutte quelle correnti rischia di disintegrarsi. Ma il PD è già disintegrato contro il muro del suo immobilismo. E lascia andare un leader che con l’eventuale formazione non ancora ufficiale né resa tale e che al renzismo sarà ispirata, darà vita ad un soggetto politico che toglierà il 50% dei consensi al PD di D’Alema che D’Alema non molla.
Minniti si toglie dalla bolgia infernale scatenata dal PD contro il PD. E mentre i perdenti scaldano i muscoli per la nuova alleanza con il M5S una volta morti Di Maio e Salvini, vedasi la convergenza in Campidoglio contro il Decreto Sicurezza, a sinistra della destra PD qualcosa si muove.
(6 dicembre 2018)
©gaiaitalia.com 2018 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)