di E.T. #social twitter@gaiaitaliacom #iiiiiTiiiii
Il 15 novembre scorso è stata una giornata campale nella nostra ormai quotidiana lotta con Facebook alla cui direzione stiamo, evidentemente, sulle scatole. Dopo avere pubblicato un post la cui visibilità a pagamento è stata rifiutata (ne parliamo qui), abbiamo pubblicato la stessa notizia su Aleksei Navalsny in italiano ed in spagnolo. Cinque minuti dopo averne fatto la condivisione siamo stati buttati fuori dal social (la solita demenziale finestrella che dice qualcosa di simile a “la tua azione è stata troppo veloce, prova a ripeterla più lentamente”) e siamo stati avvisati che i nostri account potevano essere stati compromessi e di cambiare la password. Fatto, e dopo un sacco di domande tipo conosci questo, conosci quello, sei stato tu a postare questo e quell’altro, che carta igienica usi, gli account sono stati ripristinati.
Finità lì? No. Perché tutte le notizie pubblicate sulla nostra pagina Facebook sono state in seguito rimosse e marchiate come spam, richiedendoci poi di inviarle di nuovo per un controllo, e quindi rimesse dove stavano. Tra loro le notizie riguardanti la persecuzione di Aleksei Navalsny pubblicate in italiano ed in spagnolo, il Giustappunto di quel pericoloso terrorista di Vittorio Lussana, naturalmente l’articolo intitolato “E’ la stazione a muoversi, non il treno” che tanto fastidio ha creato agli uffici commercialisti dell’idiota colosso blu. Più qualche altro pezzo, non stiamo a tediarvi oltre.
Avevamo avuto, nel corso del pomeriggio, una conversazione via messaggio con una fantomatica Shirley che ci informava che se avessimo voluto pubblicizzare l’articolo inviato per l’approvazione avremmo dovuto modificarlo (prego?) e che al nostro messaggio in cui li chiamavamo incompetenti e stupidi ed incapaci di comprendere ciò che è scritto in un pezzo, non poteva essere data risposta perché l’inserzione era stata rimossa. L’avevamo rimossa noi.
Giusto perché si sappia da dove partono i nuovi oscurantismi e quanto una parola inutile, nella sua essenza, come Russia possa provocare i peggiori sconvolgimenti nelle fragili menti di coloro che governano mastodonti con i piedi. I casi sono due: o Facebook è diventato il piccione preferito nel mirino di Trump ed è improvvisamente attento ad ogni sfumatura che possa mettere la sua attività in pericolo, ma dovevano pensarci prima, leggetevi a tal proposito questo articolo del New York Times, oppure il controllo degli hacker russi è molto più profondo sul social di quanto crediamo e questi attaccano, e Facebook ci protegge, ogni account che pubblichi notizie sgradite al capo supremo.
Che sarebbe Putin, almeno così pare.
(16 novembre 2018)
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