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Di giornalisti infallibili e risarcimenti da 95mila di euro

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di Giancarlo Grassi #Travaglio twitter@gaiaitaliacom #politica

 

 

C’era una volta un giornalista infallibile la cui infallibilità era seconda soltanto a quella di Eugenio Scalfari, fondatore, come il Vate di Repubblica, di un altro quotidiano infallibile che è anche un partito nel partito, perché i Maestri vanno imitati fino in fondo. Il giornalista infallibile non avrebbe bisogno di giocare al capo-partito infallibile perché nella rare volte in cui ha deciso di fare il giornalista e basta ha dimostrato di essere una penna coi fiocchi e controfiocchi, ma i misteri dell’animo umano sono – appunto – tali e non tocca a noi, che non abbiamo che pochi mezzi usati male, stare qui a giudicare.

Ci colpisce sempre, però, quando l’infallibilità viene meno per lasciare il posto, secondo una sentenza del Tribunale di Firenze, alla volgare diffamazione, ben lontana dalle alte vette che il giornalista infallibile percorre nel suo incedere maestoso verso l’eternità, e a un nulla da 95mila euro di risarcimento al padre

dell’ex presidente del Consiglio, per due commenti e, in qualità di direttore, per il titolo di un articolo pubblicato sul giornale cartaceo e sul sito web della testata nel 2016. La condanna (…) riguarda due editoriali” scrive l’Huffington Post, “il primo pubblicato il 24 dicembre 2015, intitolato ‘I Babboccioni’, in cui, parlando dell’indagine in corso a Genova sulla Chil Post, aveva scritto “fa bancarotta”; nel secondo, pubblicato il 16 gennaio 2016 e intitolato “Hasta la lista”, Travaglio aveva accostato Tiziano Renzi per “affarucci” a Valentino Mureddu, iscritto, secondo le cronache, alla P3. Il giudice ha giudicato diffamatorio anche il contenuto di un articolo apparso online riguardante Banca Etruria e Tiziano Renzi e firmato da una giornalista della testata. Il danno è stato calcolato in 95mila euro, Tiziano Renzi ne aveva richiesti 300mila”.

Dunque anche il giornalista infallibile è, ahinoi, fallace. Ed è un duro colpo per coloro che attraverso l’onorata professione, sull’esempio di sì fulgido rappresentante, ritenevano che il vergare due righe troppo spesso a cazzo, peraltro con grande stile, potesse portare a qualcosa di più che a una condanna così salata da mettere a rischio i conti della tua creatura.

Del resto, lo sanno anche i fallibili, le indagini per bancarotta  sono una roba seria, soprattutto se poi vengono archiviate. Il giustizialismo poi è una brutta bestia e può succedere che, fulminati dalla presunta colpevolezza altrui, ci si scordi che quando si è indagati (e non colpevoli, ma solo indagati) si possa poi essere scagionati e che la colpevolezza, per altre quisquilie, ci venga scaricata addosso.

Sono sottigliezze di nessuna importanza per gli infallibili, ma qualcosa insegnano. Magari serve un po’ a tutti quanti. Noi compresi.

 





 

(23 ottobre 2018)

©gaiaitalia.com 2018 – diritti riservati, riproduzione vietata

 





 

 

 


 

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