di Marco Biondi #lopinione twitter@gaiaitaliacom #Politica
I fascio grillini con la loro comunicazione hanno convinto milioni di italiani che le colpe di tutti i problemi del nostro Paese erano del PD, a maggior ragione di quello rappresentato da Matteo Renzi. È stata un’azione martellante e ossessiva, basata su fake news e volta a colpire la fascia più debole e meno colta della popolazione. Quella popolazione alla quale non arrivavano gli echi delle grandi riforme in materia di diritti civili portate a casa in quella legislatura e quelli che non avevano capacità e mezzi per valutare gli effetti delle politiche del PD sulla ripresa dell’economia.
Dall’altra parte l’altra accusa infamante: Renzi ha spaccato il PD, l’ha diviso, l’ha colpito a morte. E poco importa se la sua colpa sia stata quella di non ascoltare coloro che lo contrastavano per non perdere definitivamente i loro giardinetti di potere costruiti con anni di collusioni e compromessi, ma che tanti benefici personali potevano ancora generare in futuro.
Il problema di fondo adesso è come fare per riproporre le sane politiche riformiste di ispirazione liberal socialista se non si può più contare su Renzi che si spende in prima persona. Perché Renzi è diventato il demone da combattere in tutti i modi e da tutti, per impedirne il futuro politico.
Ma questo non vuol dire che senza Renzi non si possono fare buone politiche di innovazione e rinnovamento, vuol dire che quelle politiche sono avversate da tutti, perché smonterebbero il potere della politica svuotandola di tanti interessanti contenuti con interessanti risvolti di interessi personali.
Anche la battaglia congressuale si presenta complicata. Perché si sta cercando, in tutti i modi, di far ricompattare il partito attorno a proposte politiche che non interessano agli elettori. Proporre Zingaretti, sostenuto da Orlando e Cuperlo, non farà ritornare il PD un partito votabile. E proporre un renziano che magari può imporsi alle primarie non risolverà il problema del fuoco amico, che continuerà esattamente come negli ultimi 5 anni.
Ma senza unità il PD è morto. Non è possibile chiedere il voto senza che si sappia se va a Renzi o a Emiliano, se serve per riaprire le porte ai dalemiani o ad affrontare una nuova era di cambiamenti ed innovazioni. È questa, forse, la ragione di fondo per cui il PD deve continuare a presentarsi diviso. Perché le riforme non interessano a chi vuol continuare ad usare la politica per farne il proprio vitalizio.
La conclusione è drammatica. O si tenta uno spin off dal PD, lasciandosi dietro le spalle il vecchio marciume, o si “conquista” un’altra volta la segreteria per poi operare un repulisti in grande stile e senza compromessi.
Il continuo blaterare di cercare di riconquistare i voti di sinistra finiti ai 5 stelle non genera guadagno elettorale. L’unico modo per tentare di riconquistare voti è essere sinceri, compatti, concreti e andare alla ricerca dei voti di chi queste doti le apprezza. Cercare di recuperare il voto di chi è abituato ai voti di scambio è inutile e dannoso. Perché nella società del terzo millennio non c’è più spazio per politiche che promuovano il puro assistenzialismo.
(19 ottobre 2018)
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