di CiCiErre #labustinadellaserva twitter@gaiaitaliacom #Politica
Gli Enti locali sono importanti, lo dice la Costituzione e il principio di sussidiarietà, elemento cardine nella divisione dell’amministrazione statale, che nel garantire l’unità nazionale quale simbolo dello Stivale delega attraverso norme ben precise diversi poteri ad altri enti, i primi fra questi: i Comuni.
Nell’ottica costituzionale l’Ente locale diviene il motore della buon amministrazione, sicché a volte succede che la buon amministrazione nel più piccolo degli enti locali si realizzi veramente nonostante la prevaricazione nazionale, e dimostri nella sua limitatezza la più grande dignità dell’ente.
Ne è un esempio il Comune di Riace, che non è famoso solo per i bronzi, ma soprattutto per i modelli di accoglienza ed integrazione dei migranti. Esempio internazionale che ha ispirato film, libri, documentari, ricerche sperimentali. Che però incontra un limite, anche se legittimo, la legge. Legge che non coincide sempre con la giustizia, ma anzi a volte la scavalca, la limita, la circoscrive.
Sicché potrebbe farsi un lungo ragionamento tecnico e non, per tentare di dimostrare che i capi di accusa contestati al sindaco di Riace nel corso dell’operazione Xenia non sono altro che il risultato dello sradicamento legale sull’immorale. Una causa di giustificazione vivente.
Ma è un dettaglio, come un dettaglio è il fatto che tale modello sia stato al centro di un indiretto bombardamento che ha tentato di distruggerlo piano piano, fino a mobilitare l’opinione pubblica, le piazze italiane ed a consolidare la consapevolezza dell’incapacità nazionale rispetto a quella locale. Incapacità che trova il suo fulcro nella legge che non sempre coincide con il concetto di giustizia e che in questo caso, non solo si scontra con il principio di integrazione e con quelli riconosciuti a livello internazionale, ma arriva a minacciare la sicurezza della Nazione, in quanto è priva di un sistema di espatrio capace di garantire la sicurezza di cui si fa paladina.
Ma è un dettaglio.
Gli Enti locali sono importanti, allora, non solo perché lo dice la Costituzione, ma perché in essi si realizza la politica più vicina alla Comunità, quella non austera, quella dei Sindaci che parlano con la gente, che ascoltano i problemi che gestiscono una situazione di emergenza, sino a diventare un modello da seguire. Ma non è sempre così, e le cronache quotidiane ce lo raccontano, ne è un esempio quanto accaduto nella notte tra giovedì e venerdì a Verona, quando il Consiglio Comunale ha approvato la mozione pro vita, dichiarandosi così contro l’aborto.
Si perché al di là della retrocessione culturale, umana, ideologica di tale scelta sulla quale potrebbe discutersi all’infinito, rimane la legge, il principio di sussidiarietà, il principio di gerarchia delle fonti e quello sacro di laicità.
E questo non è un dettaglio.
Il principio di gerarchia delle fonti sancisce che una norma contenuta in una fonte di grado inferiore non può contrastare una norma contenuta in una fonte di grado superiore. Detto in altre parole una mozione approvata dal Consiglio Comunale non può derogare la legislazione nazionale. Non solo, ma una mozione approvata dal Consiglio Comunale non è che l’espressione di una scelta politica, che non è la legge, e non impone obblighi né quanto meno diritti (ma questo nel caso di specie è più che ovvio). In pratica, la mozione in questione è aria fritta.
Ma anche questo è un dettaglio.
Chiaro che l’aberrante nostalgia del passato si arresti dinnanzi a principi superiori, costituzionalmente garantiti, che non conferiscono poteri tali da derogare alla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dell’Unità dello Stivale. Non solo, ma la spinta deliberativa trae linfa da un’impostazione religiosa integralista e cieca contraria ad un altro principio cardine del nostro ordinamento in quanto dichiara di destinare fondi ad associazioni cattoliche pro vita.
Il principio di laicità dello Stato costituisce un “principio supremo” dell’ordinamento costituzionale e rappresenta “uno dei profili della forma di Stato” delineati dalla Costituzione italiana. Tale principio comporta il rispetto del pluralismo confessionale oltre che dell’imparzialità nei confronti delle varie religioni riconosciute tramite intesa.
Chiarito quindi che la mozione è contra ius – oltre che contraria alla Costituzione – sorge la spontanea perplessità nel vedere certa politica locale impegnata in azioni improduttive di effetti concreti – oltre che impraticabili.
Ma anche questo è solo un dettaglio.
Ma si sa che un dettaglio non è mai fine a se stesso e che se aggiunto ai precedenti è capace di formare un sistema, illegittimo peraltro.
E questo è tutto, fuorché un dettaglio.
(7 ottobre 2018)
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