di Daniele Santi #politica twitter@gaiaitaliacom #matteorichetti
Matteo Richetti si candida ufficialmente alla segreteria del PD al prossimo congresso dell’andiamo lenti ma prima o poi arriviamo, con uno slogan che è tutto un programma: “Ripartire dai giovani”. Senza dire quali, né come, né perché. Soprattutto senza dire quando.
Matteo Richetti non si è distinto per particolari sfracelli nel tristo mondo politico italiano, e dire che basterebbe così poco, ma si è distinto per alcune decisioni prese in netto anticipo rispetto a proposte che poi sono diventate moda, e solo moda sono rimaste anche invecchiando: è stato tra i primi, forse il primo in assoluto, a rinunciare al vitalizio quando era consigliere regionale dell’Emilia Romagna, un beau geste che gli ha fatto bene a lui che già ha la fortuna di essere biondo e belloccio; ha lavorato alla famosa pax emiliana con Stefano Bonaccini, poi governatore dell’Emilia Romagna o presidente che dir si voglia, senza andare allo scontro frontale che forse lo avrebbe visto soccombere; infine ha presentato coraggiosamente la famosa legge sui vitalizi che il parlamento trombò coi suoi in prima fila. La sua Emilia Romagna poi li tagliò sul serio.
La sua candidatura è interessante per alcuni, non andremo certo a votarlo alle primarie, sia chiaro, uno dei quali è il Richetti televisivo. Lui in tv funziona. Anche da Lilli Gruber. E nonostante Lilli Gruber. Riporta i renziani al centro della scena senza avere Renzi tra i piedi; rischia di essere vincente contro uno Zingaretti minoritario che ha idee poche e confuse e fa il piacione; riporterebbe il centro della manovra politica del Partito Democratico in Emilia Romagna alla faccia dei toscanacci. Anche questo serve. Lo sa anche Prodi.
Ha un ego smisurato.
Per il resto idee poche ed ancora non rese note. Si aspettano programmi. Se il pentaleghismo giustificherebbe il non dire nulla per fare quello che cazzo si vuole dopo, Matteo Richetti non appare essere di quella pasta lì: lui parlerà molto – dicendo molto meno di quello che sembra – e occorrerà stare a vedere. Magari già da ora.
Si affida alla corrente Harambee, Matteo Richetti, e ci permetterà di dire che la scelta del nome suona opportunistica e poco sincera, e lancia la dichiarazione al plurale.
“Ci candidiamo alla guida di questo partito e uso il plurale perché è una scelta che abbiamo fatto dopo mesi di lavoro sul territorio, con un movimento di idee e di persone che attorno ad Harambee ha aggregato storie e progetti diversi e che ora è al servizio del rilancio del Pd. Perché io, al contrario di quello che leggo, sono convinto che ci sia un futuro per questo partito”.
Harambee, per inciso, significa “Tutti insieme” ed è la nuova corrente del PD che mutua l’incitamento con il quale gli autisti kenyani incitano i passeggeri che spingono l’autobus che si è impantanato. E francamente, tutto questo ispirarsi ai paesi che un tempo, quando il politicamente corretto non esisteva o forse si era solo leggermente meno ipocriti, venivano chiamati del terzo mondo, ci fa leggermente orrore. Ma non c’è politica senza opportunismo. Un tempo non c’era politica senza un progetto.
(5 ottobre 2018)
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