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Tra i trentaquattro indagati nell’ambito dell’inchiesta sui voti elettorali ottenuti in cambio di case popolari che il 7 settembre ha portato all’arresto di ex amministratori comunali, di consiglieri comunali, alcuni dei quali ancora in carica, e di dirigenti del Comune di Lecce, compare anche il nome del leghista Roberto Marti, senatore eletto nelle fila della Lega di Salvini già assessore ai servizi sociali, ai progetti mirati e alle pari opportunità del Comune di Lecce dal 2004 al 2010, già sostenitore di Fitto.
Tra i reati contestati ai 34 indagati ci sono l’abuso d’ufficio e il falso ideologico.
I finanzieri del Comando Provinciale di Lecce, scrive Next Quotidiano, al termine di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 9 persone (di cui due in carcere, cinque agli arresti domiciliari e due con obblighi di dimora), indagati a vario titolo per reati di associazione a delinquere, peculato, corruzione, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, falso, occupazione abusiva, violenza privata e lesioni.
L’ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Giovanni Gallo, in seguito a richiesta avanzata dalla Procura nel mese di dicembre dello scorso anno nell’ambito di indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce.
Già dalla giornata successiva alla conferma del sequestro dei conti della Lega per la faccenduola da 49milioni di euro di rimborsi illegittimi, dell’attacco del segretario e inquilino pro tempore del Viminale ai giudici, continuano ad emergere esponenti leghisti con una personale attitudine alla messa in pratica del salviniano “prima gli italiani”.
Siamo i primi, naturalmente, a desiderare che il leghista indagato – come atto dovuto – sia innocente.
(7 settembre 2018)
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