di Redazione #Venezia75 twitter@gaiaitaliacom #Cinema
Ritorna a Venezia il regista argentino, dopo il Leone d’Argento, con cui fu premiato il suo El Clan, nel 2015. Un altro melodramma, dopo quello di Cuaròn, ma non ho intitolato l’articolo in maniera simile anche se la tentazione l’ho avuta. Un intreccio degno di Matarazzo, detto nel senso migliore. Veleni decantati, rancori pluridecennali silenzi su storie che tutti sanno, o quasi; silenzi tombali su altre che sanno in pochissimi. Come si dice, prima o poi i nodi vengono al pettine e quella a cui assistiamo è una resa dei conti in cui tutti, più o meno, nello scatenamento delle tensioni sotterranee, si dicono in faccia quello che hanno dentro, o lo dicono in sedi processuali.
La Quietud, potrebbe essere il nome per una casa di riposo, di un ospedale per lungodegenti, una clinica per il fine vita. No, è una magnifica tenuta in stile coloniale nella campagna vicina a Buenos Aires. Grandi spazi, spazi segreti, magnifico parco, stupendi cavalli, grandi alberi e moltissimi fiori. Un paradiso…forse. Augusto, il capo famiglia, vive con la grintosa moglie Esmeralda e la figlia Mia. L’anziano avvocato in pensione ha una convocazione da un procuratore. Durante l’incontro subisce un’ictus. In seguito a questo, l’altra figlia, Eugenia, che vive a Parigi, torna dopo molti anni. Le due sorelle si ritrovano e rivivono l’intesa complice e sensuale dell’adolescenza. Il padre, ospedalizzato, avrà un più grave attacco. Verrà riportato a casa. Nel frattempo, Vincent, marito di Eugenia, arriva da Parigi e scopriamo che è amante di Mia e poco dopo il quadro si completa quando comprenderemo che anche Eugenia ha un amante: Esteban, figlio dell’ex collega di studio di Augusto. Vi sembra complicato? Lo è, e gli incroci sono più complessi di quelli descritti.
Tutto parte decenni prima, da conoscenze ed affetti poco più che infantili che si sono radicati ed intrecciati. Colpisce che tutto sia con un oceano di mezzo, ma il legame fra Parigi e Buenos Aires è forte e lo si sa. Basta ricordare: Tangos, el exilio de Gardel di Fernando Solanas del 1985, proprio mentre in patria si perpetravano gli orrori dell’ ESMA (Escuela de la Mecànica de la Armada, centro di detenzione e tortura) di cui sapremo dopo, e la famiglia di cui ci occupiamo faceva i suoi lunghi soggiorni sontuosi e dorati nella capitale francese. Fra i molti scontri verbali fra Esmeralda e Mia, uno riguarda un millesimo, anzi due: 1996-1997, legato, evidentemente a ricordi differenti per entrambe, nessuna delle due recede, fra la costernazione degli astanti. Non sappiamo che cosa ci sia veramente dietro, ma entrambe difendono caparbiamente la loro posizione nonostante le preghiere reiterate di Eugenia, molto turbata da tanta violenza verbale.
Augusto morirà ed al funerale si produrranno situazioni di grande imbarazzo. Siccome i guai non vengono mai soli, Esmeralda dovrà testimoniare ad uno dei processi contro i responsabili delle efferatezze della dittatura. Le due sorelle giungono ad una chiarificazione, e sull’onda della pulizia che viene fatta, Mia decide di mettere nelle mani del procuratore, documenti molto compromettenti che il padre le aveva consegnato. Il terremoto provoca l’arresto di Esmeralda che dovrà chiarire la sua posizione nell’esproprio di proprietà di prigionieri della Scuola Meccanica. Le due sorelle lasceranno la tenuta chiudendosi il cancello alle spalle e concludendosi così una parte della loro vita.
Molto ben interpretato da Martina Gusman, Bèrènice Béjo, Graciela Borges, Edgard Ramirez. Interessante ed abile nel dipanare tutte le fila della vicenda non poco complessa che prende ritmo man mano ed accelera riservando sorprese continue con ritmo incalzante.
(3 settembre 2018)
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