di Emilio Campanella #Venezia75 twitter@gaiaitaliacom #Cinema
Romá è un quartiere di Città del Messico, da qui il titolo del film. Una bella casa borghese a due piani, un’ala per il personale di servizio, due simpatiche contadine, la domestica e la cuoca. Marito, Moglie, la signora Teresa, la madre di lei, quattro figli. Un cane giocoso che salta come quelli di Erwitt. Un’automobile troppo ingombrante, che a mala pena entra nella corte, una bella metafora! Il padrone di casa parte per un convegno in Canada, non tornerà più, come capiamo immediatamente, ovvero, rimarrà lontano solo una settimana, per poi raggiungere la sua amante, come verremo informati più avanti. Contemporaneamente Cleo, la cameriera (la sorprendente Yalitza Aparicio) ha un flirt con Firmìn, cugino del fidanzatino della sua collega. Naturalmente rimane incinta ed il ragazzo sparisce. Nessuna tragedia in casa, la signora Teresa (Marina de Tavira) l’abbraccia piangendo e sentendosi solidale nella solitudine dell’abbandono e pronunciando una delle battute più belle del film.
La storia diventa al femminile, le quattro donne, la cura dei ragazzi, la gravidanza di Cleo; il dolore e la fatica di adattarsi alla nuova realtà, di Teresa. Siamo nel 1970, in un Messico di grandi contrasti, e lo vediamo quando Cleo andrà a cercare Firmìn che si rivela un individuo ignobile, come sembrava un po’ già dall’inizio. La città è attraversata da grandi tensioni che vedremo culminare nelle violenze dei militari contro il movimento studentesco. Assistiamo al cosiddetto Massacro di Corpus Christi del 10 giugno 1971. Immagini potenti e fortemente drammatiche mentre Cleo e la nonna stanno scegliendo una culla per il nascituro. In quel mentre, uomini armati irrompono nell’edificio e si spara all’impazzata. Cleo si trova di fronte Firmìn armato. L’emozione è enorme e causa la rottura delle acque. Ricoverata d’urgenza in un ospedale nel caos dovuto ai feriti che arrivano continuamente, viene soccorsa e riceve l’accurata attenzione della ginecologa amica di Teresa, che già l’aveva visitata. Tutto si svolge rapidamente, in un reparto maternità in comprensibile grande agitazione. Il parto é regolare, ma il cuore della bimba non batte, gli sforzi per rianimarla sono vani. Cleo rimane a lungo sotto shock, finché accetta di partire per una breve vacanza al mare, con tutta la famiglia, per la gioia, soprattutto, dei ragazzi. Il motivo è che il padre ritirerà le sue cose, come chiarisce Teresa, cercando di descrivere un avvenire roseo, lei che ha acquistato una nuova auto ed ha accettato un nuovo lavoro più utile al mantenimento dei figli, siccome il padre sembra non voler elargire aiuti. Al mare due ragazzi rischiano di essere trascinati dalla corrente dell’oceano. Cleo, pur non sapendo nuotare, s’inoltra fra le onde, li raggiunge e riesce a riportarli a riva salvi.
Una bella metafora ed una scena drammatica girata con grande maestrìa. Di ritorno a casa tutti faranno il meglio per adattarsi alla nuova realtà. Il cane festoso li accoglie, gli uccellini cinguettano nelle loro voliere, Cleo porta la sua valigetta nella soffitta dov’è la sua stanza. Un mélo controllato e magnificamente fotografato in bianco e nero. 135 minuti che volano, una bella sceneggiatura, uno sguardo sociale trasversale ed un mondo forzatamente al femminile.
(31 agosto 2018)
©gaiaitalia.com 2018 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)