di Giovanna Di Rosa #poverinoi twitter@gaiaitaliacom #politica
I quotidiani italiani, quelli più prestigiosi e non quelli da sbarco di affamati come il nostro, negli ultimi giorni si sono prodigati nel regalare gioielli: si è andati dalla citazione di un fantomatico discorso di Enrico Berlinguer ai funerali di Giorgio Almirante citato da Il Giornale (articolo ad oggi introvabile) – discorso impossibile dal momento che Berlinguer morì nel 1984 ed Almirante nel 1988 – all’articolo del Corriere che si augura, ma si guarda bene dal dirlo esplicitamente, una lunga durata della teocrazia pentaleghista che non fa nulla, ma impone i crocifissi.
Secondo l’articolo ci sarebbe una “lettura condivisa”, e come tale giusta, che il terremoto politico del 4 marzo sia stato dettato dal rancore – quando lo scriviamo noi ci insultano! – “verso i partiti, la politica, il sistema, l’establishment, la «casta»”: una cosa che nessuno aveva capito e che il Corriere deve spiegarci in quattro periodi ed altrettanti capoversi, così da aiutarci a distinguere il vero dal falso in questo mondo di ladri, in questo mondo di eroi [cit.].
L’autore si sofferma sulla spiegazione al volgo, cioè a noi, su cosa sia il rancore e ne parla come del “lutto di quel che non è stato”, lutto evidentemente non elaborato e per il quale si continua a dare la colpa agli altri vita natural durante. Quindi ci avverte, ed anche qui c’era bisogno della saggezza del Corriere, del rischio “che il rancore lo avremo a lungo ancora fra noi, sia sul versante individuale che su quello collettivo, almeno fino a quando (cosa che prenderà del tempo) la rabbia da esso prodotta non si svilirà in una non rassegnata accettazione della potenza della dinamica competitiva”; per fortuna, però, c’è ciò che il Corriere definisce “l’ardimentoso combattimento [sic] dell’attuale governo contro tutti i poteri che hanno contribuito al crescere del rancore: le strutture bancarie che hanno messo in difficoltà i propri clienti, i parlamentari che si erano dati il privilegio di un vitalizio, i pensionati d’oro etichettati come parassiti, i regolatori del mercato del lavoro che non hanno mai conosciuto il valore dell’equità”, ardimentoso combattimento a suon di crocifissi, processi per appropriazione di denaro pubblico e di morti in mare?
Nella sua lezioncina al popolino incolto il giornale di Cairo dimentica di citare i quotidiani e i giornalisti che raccontano una realtà che non esiste e che è funzionale esclusivamente al vento politico che tira in quel preciso momento.
Poi la perla finale con ulteriore necessario [sic] avvertimento: essendo “verosimile” che il rancore abbia “espresso il massimo della sua fase di spinta” bisogna stare attenti a “un appiattimento nell’esistente, magari corredato dalla «lagna», oggettivamente estraneo alla sempre più necessaria dose di vitalità di un corpo sociale che si impegni sul futuro”. Insomma l’appiattimento potrebbe essere la “malattia che verrà dopo il rancore”.
Cioè l’appiattimento sarà ciò che farà durare nel tempo la Teocrazia Pentaleghista e prosperare gli organi d’informazione di Cairo. O abbiamo capito male?
(25 luglio 2018)
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