di Daniele Santi #buonsenso twitter@gaiaitaliacomlo #razzismo
Se una esponente leghista dice che sarebbe “necessario conoscere le identità e le fedine penali della badanti che ci mettiamo in casa”, dice indubbiamente una cosa di buon senso ed è difficile darle torto. Se la stessa esponente leghista, o anche un’altra, dice che “prima di mettersi dei delinquenti in casa è meglio sapere se lo sono”, dice una cosa incontestabile. Ugualmente se noi scriviamo che prima di far sedere persone in parlamento ad amministrare i nostri soldi vogliamo sapere che persone sono e se hanno questioni pendenti con lo stato, siamo incontestabili. Esattamente come la Lega. Ma dentro la Lega, però, chi ha conti sospesi con lo stato diventa Senatore. Perché il buon senso parlato non fa l’uomo onesto.
Se un esponente del M5S dice che l’avere fatto lavori umili nel suo passato non lo rende né migliore né peggiore degli altri, dice una cosa che la saggezza popolare, persino quella più umile, non può non comprendere e che nessun intellettuale, nemmeno quelli di grido, potrebbero contestare. Ma se quello stesso esponente, o suoi civil servant, usano la rete per sputtanare altre persone che fanno altri mestiere e le mettono alla gogna perché hanno un punto di vista differente decidendo chi è buono e chi è cattivo sulla base della conoscenzsa o delle idee di cui questo è portatore allora anche il ragionamento di buon senso di quell’esponente del M5S e dei suoi civil servant è soltanto un esercizio di stile funzionale ad un disegno politico ancora sconosciuto, ma i cui contorni sono facilmente intuibili.
Se la società che si nasconde dietro un certo partito dice che in futuro “sarà la rete a costruire la reputazione”, dice una profonda verità, ma quando prosegue dicendo “saremo noi a governare il fenomeno” tradisce un’idea di assolutismo informatico non molto dissimile dalle dittature russe. Mancano solo i gulag virtuali, ma ci stiamo avvicinando anche a quello. Ma l’affermazione “sarà la rete a costruire la reputazione” è incontestabile, perché il futuro è quello. E il futuro è adesso. Per capire bene dove l’affermazione vuole realmente spingersi e quali sono le reali intenzioni di chi la pronuncia e propaga è però necessario sostituire la parola costruire con la parola distruggere. Perché basta sembrare persone di buon senso e c’è sempre chi ci casca.
Il punto è, come ha detto qualcuno, che il futuro si giocherà su chi vuole stati sempre più chiusi su loro stessi, autocratici, monocratici e monolitici con eccessi di rigidità salviniane basate sull’odio nascosto dal buon senso che tanto piace agli italiani di questo inizio di nuovo ventennio, scusate, millennio e chi, invece, vuole stati sempre più aperti, basati su una certa idea di umanità e di accoglienza, oltre che di uguaglianza, e dove il profitto ed il benessere di pochi (è sempre l’egoismo a creare l’odio ed il razzismo) non sia nascosto sotto buon senso, sotto il dito puntato contro l’altro, dietro fotografie con bagni in piscina mentre si beve spumante, che sono un’insulto alla povertà che si dice di volere sradicare. Per quest’ultima politica i rappresentanti ci sono già: sono creature di Berlusconi e Bossi e stanno spadroneggiando dal 1994 (e si spacciamo per il “nuovo”). L’altra classe politica invece va costruita. E andrà fatto bene. Perché anche da quelle parti, quelle parti definite da certe cialtrone travestite da statiste come “radical chic”, che nemmeno sanno usare l’espressione nella loro giusta accezione, c’è poco da gozzovigliare. In senso intellettuale, of course.
(10 luglio 2018)
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