di Giancarlo Grassi #politica twitter@gaiaitaliacom #governo
Il lancio del “la pagheranno” rivolto al PD da Luigi Di Maio a beneficio esclusivo dei nuovi barbari a 5Stelle, su probabile indicazione dei Diarchi della parte oscura della Forza, oltre a configurarsi come linguaggio minaccioso di nemmeno troppo lontano sapore intimidatorio che Di Maio poteva risparmiarsi – ma con gli elettori che si ritrova come fa? – giungeva contemporaneamente agli exit-poll del Friuli Venezia Giulia che davano in netto vantaggio il centrodestra, con il centrosinistra ad inseguire e nettamente staccato il candidato pentastellato e, non va dimenticato, dopo che Matteo Renzi ha detto ai suoi che al governo con i 5Stelle lui non ci va. Renzi non ha parlato a nome del PD, ha parlato per sé. Ma questo Di Maio non l’ha capito. E dubitiamo che lo abbiano capito nel PD.
Il post su Facebook del leaderino ex steward e un po’ come gli slogan gridati ai chavisti di Nicolas Maduro, con il quale Di Maio condivide l’umile mestierare prima di assurgere al potere illimitato del Sacro Scranno, ed è ugualmente pericoloso. Non si dice di un avversario politico “La pagheranno”, perché c’è sempre uno squilibrato pronto ad ascoltarti che chissà cosa potrebbe fare in seguito. Ma che importa a Di Maio di tutto questo?
Sarebbe stata colpa del PD, l’avevamo scritto. E la colpa del PD sarà ora ancora più grave perché Matteo Renzi ha lanciato una proposta seria, quella di un “governo a tempo per riscrivere le regole” qualora i vincitori propongano “una legge elettorale e riforme costituzionali”. Ma i vincitori non hanno un programma e sono governati da dietro le quinte da nemmeno sappiamo chi, non possono riscrivere le regole perché non hanno il potere per farlo, dato che non comandano loro e se anche fossero loro a comandare sanno a malapena scrivere e vorremmo proprio vedere come scriverebbero; sono alla ricerca disperata di fare un governo che non vogliono fare perché sono quelli del no a tutto, ma anche del sì a tutto, ma soprattutto del forse ispirati però dal senso del miracolistico e dalle regole dell’onestà e della coerenza che, naturalmente, devono rispettare soltanto gli altri (sorvoleremmo sulla questione della colf di Roberto Fico per rispetto alla malattia della compagna di costui); qualora vengano presi con le manine nella marmellata (vedi firme false a Palermo), non fanno nulla contando sui buchi della giustizia italiana e sorvolano allegramente, grazie ai milioni di voti che gli arrivano da fanatici, ciechi, invidiosi e devastati dai mal di pancia e dall’acrimonia, che il partito dell’onestà che non vuole condannati tra i coglioni è stato fondato da un condannato che con finta allegria, e feroce determinazione, ha reso ingovernabile il paese distruggendo la convivenza civile e trasformando la politica in una perenne battaglia a base di insulti, minacce, livore e odio personale. Un capolavoro.
Il risultato elettorale in Friuli Venezia Giulia spariglia di nuovo le carte e consegna un centrodestra, ed un Matteo Salvini, ancora più forti. E’ certo che la tela faticosamente tessuta da Roberto Fico è destinata ad essere strappata con violenza dalle bordate di Luigi Di Maio che, del resto, non può avere tra i piedi un Fico qualsiasi che gli toglie la ribalta. Dunque la possibilità di un governo pentaleghista torna di attualità.
Del resto alle elezioni con questa legge elettorale non si può tornare. La Lega non ha un soldo, a parte 49 milioni di euro da restituire, e ha i conti sequestrati, quindi non può mollare Berlusconi essendo l’uomo di Arcore una specie di cassaforte ambulante, oltre che un vecchietto al quale difficilmente si mettono i piedi in testa. La palla tornerà a Mattarella così Di Maio sarà libero di minacciare “La pagheranno” urbi et orbi ed i nuovi barbari saranno felici di potersi di nuovo lanciare in rete alla caccia di nemici da minacciare, offendere, segnalare ai social per togliergli voce e speriamo si fermino lì…
La storia italiana lo insegna, non c’è fascista peggiore di colui che si dichiara rivoluzionario e contro il sistema.
(30 aprile 2018)
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