di Giancarlo Grassi #lega twitter@gaiaitaliacom #giustizia
Ricorderete quella storiella di nessun conto che riguarda 49milioni di euro di rimborsi, soldi dei cittadini, con i quali la Lega avrebbe fatto un po’ quello che voleva, storiella da 49milioni di euro che in campagna elettorale è miracolosamente sparita grazie alla proverbiale memoria fallace di coloro che hanno il potere sui giornali che contano e che avevano deciso, nelle loro redazioni, chi dovesse vincere le elezioni, la ricordate, vero?
Ebbene la storiella che fa tanto girare le palle a Matteo Salvini è rispuntata perché c’era di mezzo una richiesta del tribunale di Genova legata al sequestro dei conti della Lega di Salvini, anche futuri, per quella questione di spesucce di poco conto della famiglia Bossi, storielle di diamanti in Tanzania o ricicli, secondo la sentenza di primo grado emessa contro Bossi e Belsito dal Tribunale di Genova e la Cassazione ha detto che “Sì”, la richiesta è legittima, ed i soldi – anche quelli futuri – della Lega si possono sequestrare. E quindi stop ai conti del partito.
Ricorderete che all’indomani della sentenza Matteo Salvini che vuole essere presidente del Consiglio a tutti i costi, se n’era uscito con parole di fuoco: “Cercano di toglierci dai giornali, dalle tv, dalle radio, dal Parlamento. Cercano di farlo ‘alla turca’. Ma non ci riusciranno. In democrazia sono i cittadini con il loro voto che decidono chi vince e chi perde, non un singolo giudice. Sono proprio curioso di vedere adesso cosa dirà il Presidente della Repubblica”. Il presidente della Repubblica era stato zitto, non così le televisioni di Berlusconi, del quale Salvini è fedele alleato e suddito, che si sono adoperate per far scomparire la notizia dall’agone elettorale.
La questione, è bene ricordarlo, riguarda quel partito, la Lega di Salvini, per il quale i ladri sono tutti gli altri. E si capisce perché.
In un primo tempo la richiesta di sequestro dei beni della Lega inoltrata dai PM genovesi era stata respinta, da qui il ricorso in Cassazione che ha invece dato ragione alla procura di Genova.
(15 aprile 2018)
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