di Daniele Santi #governo twitter@gaiaitaliacom #Politica
La parola “governo” è tabù, perché davvero il buon Mattarella (come racconta il nostro Vittorio Lussana nella sua trasmissione #NewsDug) ha una bella gatta da pelare, dopo che si è andati alle elezioni con una legge elettorale che garantisce, come unica certezza, l’ingovernabilità; così che entra di prepotenza nell’attualità dell’immediato post-elezioni la parola “depistaggio”. Succede infatti che, senza avere un governo, senza avere trovato una quadra, senza sapere cosa succederà, senza un nome per la presidenza del Consiglio, senza una possibile alleanza perché i numeri per governare da soli non ci sono, senza che nessuno si sia ancora pronunciato su cosa succederà, mentre tutti tirano per la giacca tutti affinché si assumano (tutti, fuorché chi grida di aver vinto) le loro responsabilità, tutti quanti voglion fare il DEF. Alleluja.
Il DEF è il documento di programmazione economica e finanziaria che dura tre anni (tre anni, ricordatevelo!) e che viene proposto dal governo, approvato dalle due Camere e spedito alla Commissione europea. Il DEF è quella cosa dove si dice cosa si vuole fare economically speaking e quali sono i piani del governo: insomma è il futuro di una nazione. Naturalmente i partiti usciti vittoriosi dalle elezioni, Lega e Movimento 5 Stelle, vogliono inserire nel DEF le loro idee e i loro programmi: perché pretendono di averne. Perché non vogliono che si ricordino, coloro che li hanno votati turandosi il naso, che di idee e programmi durante la campagna elettorale non si è vista traccia.
Disgraziatamente per le buone intenzioni il DEF viene elaborato dal governo, e dato che resister non si può alla voglia di DEF il governo si dovrà fare, ma all’orizzonte non si vedono soluzioni. In compenso si vede la solita cialtronesca propaganda. Spieghiamola.
Luigino di Maio ha già detto che il “DEF sarà la prima occasione per incidere, con le proposte del Movimento 5 Stelle, sulla qualità della vita dei cittadini” non dice se per migliorarla o peggiorarla, proprio come hanno fatto a Roma e Torino e “lo dobbiamo approvare entro il 10 aprile” cercando “di inserire quelli che sono i nostri obiettivi per il programma”.
Anche Matteo Salvini dice la sua, ed assicura che sarà la Lega a scrivere il prossimo DEF avendo “ben chiaro cosa proporremo noi: sicuramente non il reddito per chi sta a casa. Noi presenteremo una manovra alternativa fondata sul contrario: meno tasse”. Entrambi i leader dei fantasiosi schieramenti della false promesse dimenticano però di dire che il DEF non è altro che una sorta di piano che mostra come il governo intende procedere, in alcun modo vincolante rispetto all’operato futuro del governo.
Dimenticano poi, il Gatto e la Volpe, di dire che il DEF non lo scrive il Governo, ma il ministro dell’Economia che non è Salvini, non è Di Maio, ma è ancora Pier Carlo Padoan e che, considerando il prossimo 23 marzo come data di insediamento delle nuove camere ed il passaggio di diverse lune prima vedere un governo, sarà proprio Padoan a firmare quello nuovo che deve essere approvato prima del 10 aprile. Se anche il 23 marzo dovesse succedere, per una sorta di miracolo, che si abbiano i presidenti di Camera e Senato, difficilmente avremo il nuovo ministro dell’Economia il quale, anche ammesso che sappia scrivere, non avrà il tempo necessario per la redazione del nuovo documento prima della data limite. Certo, si può sempre rimandare. Ma dovrebbe esserci una maggioranza.
Perché una cosa è la propaganda che spesso si sposa alla vittoria elettorale, un’altra cosa è governare. Ma questo insignificante particolare sembra non interessare troppo agli Italiani che votano con la pancia. Tanto possono sempre continuare a lamentarsi.
(12 marzo 2018)
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