di Daniele Santi #Elezioni2018 twitter@gaiaitaliacom #Politiche
Il collegio storico di Massimo D’Alema si è espresso regalando all’ormai ex leader Massimo il 4% dei voti 8circa): è il definitivo Kaputt del Kapett. La morte di Michele Emiliano è lì vicina. Aspettiamo le dichiarazioni del grande Cuperlo, che non arriveranno. Massimo D’Alema ha ricevuto ciò che ha dato: era ora. La sua opera distruttiva di tutto ciò che poteva essere costruito in politica, il suo livore anti-avversari (e se non ci sono ce li inventiamo), il suo conservatorismo di destra utile solo a lui stesso travestito da riformismo di sinistra a suo uso e consumo esclusivo, gli ha portato tempesta.
Liberi e Uguali, formazione politica morta prima ancora di nascere, non riesce nemmeno a ripetere i fasti [sic] della formazione di Nichi Vendola, quel 3,6% di Sinistra e Libertà che doveva cambiare il mondo per il semplice fatto che c’era. La gente è stanca di comunisti col borsello e di leader che non accettano nemmeno il tetto agli stipendi voluto dal governo. Queste elezioni rappresentano uno spartiacque tra Massimo D’Alema, ovvero tra tutto ciò che è stata la politica negli ultimi cinquant’anni, e quello che gli Italiani percepiscono come “il nuovo” che è rappresentato da M5S e Lega di Salvini.
Non stiamo dicendo che sarà meglio, per quanto riteniamo – e ne andiamo fieri – che ciò che D’Alema ha rappresentato sia il peggio possibile. Ma l’Italia, la stessa che offre le gradevoli sorprese come il 4% al Grande Distruttore, è capace di altrettanto orribili sorprese come il 32% a un partito che non esiste governato da un Guitto e da un ex-Steward disoccupato e incolto, più altre forze che non ci è dato conoscere. Per ora.
(5 marzo 2018)
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