
di Giovanna Di Rosa #Politica twitter@gaiaitaliacom #Elezioni2018
Gira del malcontento nel M5S del dopo nuovo statuto o nuova associazione che sia, ma come in ogni dittatura non lo si può manifestare se non timidamente, ci sono pene pecuniarie – di questi tempi quasi pene capitali – ed il momento non è dei più favorevoli ai dissidenti, essendo Luigino Di Maio un ometto che con la democrazia va d’accordo come con la sintassi e la cultura. Dicono i quotidiani comunisti e le televisioni asservite ai comunisti come la Rai (della quale commissione di vigilanza Roberto Fico è muto presidente, chissà perché l’hanno messo proprio lì), che la base del partito – chi saranno mai, quei 23mila scarsi che votano ad ogni cliccaria? O quelli che sono storditi dalle scie chimiche e votano senza sapere dove mettono la X? – è scioccata, scontenta e pronta alla contestazione delle nuove regole del M5S che garantiscono la permanenza nel partito agli indagati (come se Appendino, Raggi, Di Maio, il sindaco di Livorno e via elencando non fossero ancora lì), il pagamento di una penale di centomila euro inesigibili ad una ditta privata nella cui mani i poveracci che siederanno in parlamento, e chi li vota, metteranno le loro vite, dati sensibili, vite private, ministero degli Interni e via dicendo coinvolgendo nella loro follia tutta una nazione.
In mezzo a tutto sto turbamento pare che anche Roberto Fico stia manifestando una certa inquietudine. Il segnale è positivo innanzitutto perché rende noto che l’uomo pensa e poi perché conferma che il M5S di Grillo, Casaleggio e Di Maio ha isolato la parte del movimento che sta più a sinistra, per strizzar l’occhio all’elettorato razzista di destra che porta via voti ai partiti che sono di destra ma troppo istituzionali. Roberto Fico, scrivono giornalacci di nessun conto se paragonati alla verità del Sacro Blogghe, vorrebbe mollare il parlamento per candidarsi alla carica di sindaco di Napoli. Perché dopo Roma e Torino bisognerà pur devastarne un’altra.
Sia chiaro che il buon Fico non è l’unico che pensa alla non-candidatura e alla ricerca di un’altra poltrona; scrive La Stampa che ci sarebbero anche Paola Nugnes, senatrice oppositrice di Di Maio, la fedelissima amica di Fico, Vega Colonnese e poi ci sarebbero Vincenzo Caso, Mimmo Pisano e dietro di loro una lunga fila di incolti, ignoranti, illetterati bifolchi senza arte né parte né lavoro, pronti a candidarsi e ad obbedire a qualsiasi ordine perché lo stipendio vale la candela. Cosa contestano i dissidenti? L’obbligo statutario della neonata associazione di fare accordi con l’Associazione Rousseau, cioè con la società privata Casaleggio Associati. Si sono finalmente accorti che i loro dati, ergo loro stessi, sono in mano a un contenitore gestito da un’azienda che fa business privatamente. E lo fa anche male.
(2 gennaio 2018)
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