di Giancarlo Grassi #Politica twitter@gaiaitaliacom #Sinistra
Dove passa Massimo D’Alema non cresce nemmeno più l’erba così che non stupisce nemmeno più di tanto la pronta reazione di centonove dirigenti di Sinistra Italiana, specializzata in scissioni nei giorni delle unioni, che hanno detto “Niet” al fantasmagorico progetto politico di “Liberi e Uguali”. L’accusa è quella di assomigliare paurosamente alla lista “Italia Bene Comune” di Pierluigi Bersani dei Gziaguari: la famosa lista che non vinse le elezioni, ma non le perse nemmeno, nel 2013 o che – se preferite – perse le elezioni e le vinse anche.
Si sofferma sulle rivendicazioni dei 106 autosospesi Il Fatto Quotidiano, al quale non sembra vero di pubblicare ciò che pubblica, che rende noto lo stralcio di una nota stampa che le canta chiare: “Di fronte ad una sinistra sempre più debole, a politiche liberiste sostenute da un governo di centrosinistra, riteniamo sia indispensabile una alternativa radicale non costituita da una somma di partiti, giocata su tatticismi e alleanze ma mirata a ricostruire l’identità di un pensiero alternativo, portavoce di un ampio movimento progressista (…) era necessaria una coraggiosa rivoluzione degli schemi attuali, che rimuovesse le vecchie strutture oligarchiche di partito per costruire una nuova alternativa, una nuova modalità di praticare la politica con la capacità di coagulare tutti gli attori in campo dentro e fuori gli attuali partiti”.
La democrazia è del resto una cosa seria e Massimo D’Alema non è certamente uomo disposto a che si mettano in discussione i suoi progetto, così ai vari leaderini come Fratoianni, Civati e Speranza, non rimane che sprofondare inconsapevolmente nel potere degli oligarchi di sovietica memoria, imponendo ai peones il loro volere. Discussioni nulla. E solo Lenin sa quanto piacciano le discussioni ai sinistri. Succede ai troppo bravi di sbagliare, mica a noi che siam tonti.
Fratoianni poi è stato troppo impegnato a scrivere lunghissimi tweet, a puntate, per fare materia politica della morte di dieci operai a Torino di dieci anni fa, per ricordarsi che esistono anche i vivi ai quali pestare i piedi non si può. E’ il difetto di certi leader della Sinistra, così impegnati a guardare cosa manca e a criticarlo da dimenticarsi di vedere ciò che c’è.
Dunque ecco il primo straordinario risultato della Lista capitanata da Pietro Grasso del 10% di valore aggiunto [sic]. Un risultato che fa ben sperare tutti coloro che sputano nel piatto dove hanno mangiato e che potrebbe insegnare loro qualcosina, se solo avessero voglia di impararla, cosa della quale è lecito dubitare. I 106 autosospesi, per la cronaca, sono amministratori locali, consiglieri, segretari provinciali, semplici iscritti: tutta gente che sui collegi ci sta e che è furiosa “verso una lista autonominatasi unitaria di sinistra”. Anche loro, come tutti coloro che una testa ce l’hanno, si chiedono dove “Liberi (da chi? da cosa?) e Uguali (a chi? a cosa?)” voglia andare e a fare cosa.
E’ il solito dilemma della sinistra italiana capace solo di scindersi, spaccarsi, ammutolirsi, autoconscienziarsi, autocriticarsi, unirsi per separarsi di nuovo, tutto in poche ore. Fratoianni ha dimenticato, e Speranza e Civati sono stati bravi a non ricordarglielo, che la sua SI si è alleata con due forze politiche – due leaderini – che le scelte che SI a parole condanna, hanno avvallato in parlamento coi loro voti, salvo poi venire folgorati dalla necessità di mantenere la poltrona dopo avere fatto saltare il referendum del 2016. Tutto il resto, persino il programma che costoro si sono ben guardati dal nominare, dato che non è necessario – essendosi uniti soltanto per entrare in parlamento pronti a separarsi il giorno dopo l’insediamento delle Camere, sono balle spaziali.
(6 dicembre 2017)
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