di Paolo M. Minciotti, twitter@gaiaitaliacom #LGBT
Nonostante l’omosessualità non costituisca reato in Indonesia, gli integralisti islamici che comandano nel nord del paese e che, evidentemente, nessuno vuole inimicarsi, hanno instaurato la Sharia e praticano pene severissime, incluso la morte, contro chi ha il vizio del gioco, gli adulteri, chi vende alcool e chi mantiene relazioni omosessuali.
La crudeltà degli assalti alle persone omosessuali avviene in sfregio alle leggi dello stato. Qualche mese fa una coppia ritenuta omosessuale è stata assalita mentre si trovava in casa, i due uomini giudicati sommariamente con l’accusa di omosessualità e condannati a 85 frustate. Pena eseguita davanti ad un migliaio di persone che li insultavano e si prendevano gioco di loro (sicuramente molti di loro avevano praticato sesso omosessuale la notte precedente…); nessun cittadino ritenuto omosessuale era mai stato punito in quel modo in precedenza.
Poche settimane dopo il governo di Joko Widodo proponeva l’eliminazione del collettivo LGBT del paese da tutti i mezzi di comunicazione, fatto che ha provocato le proteste di Rupert Colville, portavoce dell’Alto Comissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani che ha condannato la persecuzione di omosessuali, transessuali e bisessuali in Indonesia.
Anche Amnesty International ha chiesto la fine delle persecuzioni ed ha condannato le azioni repressive del governo parzialmente autonomo delle provincia di Aseh, nel nord dell’Indonesia, prevalentemente formata da musulmani.
(30 ottobre 2017)
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