di Paolo M. Minciotti, twitter@gaiaitaliacom
“Colpevoli” di avere sventolato una bandiera rainbow ad un concerto della band libanese Mashrou’ Leila 34 giovani sono stati arrestati dalle forze dell’ordine egiziane, non si sa con quale accusa possibile dato che l’omosessualità in Egitto non è reato, ed i giudici scarcerano puntualmente gli arrestati da una troppo zelante polizia antigay. Lo scrive il New York Times.
L’odio omofobo si è scatenato perché il cantante della band è apertamente omosessuale quindi avrebbe potuto scatenare chissà quale putiferio sociale l’appoggio che le 34 persone hanno dato con lo sventolar di bandiere. L’Egitto non è nuovo alla repressione gratuita delle persone presuntamente gay. Normalmente vengono arrestati ed il loro arresto provoca pubblico scandalo, ma poi scarcerate prima o dopo il processo perché da un lato le storie che si inventano per giustificarne l’arresto sono totalmente inventate (vedi le orge di più di 100 persone in un bagno pubblico con viscida giornalista televisiva che filma e fotografa al seguito) o perché non è possibile stabilire l’omosessualità degli arrestati.
L’Egitto, va ripetuto, non ha nessuna legge che punisca gli atti omosessuali che vengono considerati riprovevoli da un punto di vista sociale, ma non sono puniti né perseguibili per legge se non con l’accusa di debosciatezza che è un po’ come le punizioni per attentati al futuro di Cuba messe in piedi dal regime della Famiglia Castro.
Tuttavia l’orrenda dittatura di Al Sisi che ha sostituito quella di Mubarak e che tanto comodo fa agli Stati Uniti per ragioni politiche trova gli stessi Stati Uniti attoniti quando uno dei suoi quotidiani più prestigiosi scrive che le fotografie ed il video di un giovane egiziano 22enne e dei suoi amici, che sventolavano una innocua bandiera rainbow, facevano il giro dei quotidiani e dei social network permettendo alla Polizia di individuarlo insieme ad altre 33 persone, ora tutte agli arresti e pronte per essere scarcerate entro breve come tutte le altre.
Il New York Times, scandalizzato, cita poi Ahmed Moussa, un infuente ospite di talk show televisivi che blatera di religione e di morale, proprio come il presidente Trump, che avrebbe suggerito agli egiziani che lo sventolìo di rainbow flags potrebbe portare gli altri paesi dell’area a pensare che “l’Egitto accetti l’omosessualità”, da millenni praticatissima nel paese, ed avrebbe avvertito di essere stato tra i primi a denunciare i pericoli delle “libertà individuali” per la “religione e la morale”.
Il New York Times trasale dimenticandosi di non essersi scandalizzato quando Donald Trump ha parlato agli americani, subito dopo la strage di Las Vegas, dicendo: “E’ tempo di pregare”. Ci sono sempre teocrazie migliori di altre.
(6 ottobre 2017)
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