di Giovanna Di Rosa, twitter@gaiaitaliacom
Matteo Salvini non ha niente a che fare con i 48 milioni che la Lega deve restituire come ordinato da una sentenza del Tribunale di Genova, tutto quello appartiene al passato e Matteo Salvini è vergine senza peccato e pure martire. Anche se un po’ di quei soldi parrebbe averli usati anche lui.
E’ quanto afferma l’Espresso secondo un articolo, uno stralcio del quale riportiamo di seguito, che racconta invece come di quei soldi probabilmente Salvini ne sapesse più di quanto racconti ora.
Se è vero che negli ultimi anni molto è in effetti cambiato all’interno del Carroccio, c’è qualcosa che è rimasto segretamente invariato. Roberto Maroni preferisce non dirlo, Matteo Salvini lo nega categoricamente. Insomma, gli eredi del Senatùr sostengono di non aver visto un euro di quegli oltre 48 milioni rubati da Bossi e Belsito. «Sono soldi che non ho mai visto», ha scandito di recente l’attuale segretario federale commentando la decisione del Tribunale di Genova di sequestrare i conti correnti del partito dopo la condanna per truffa di Bossi.
I documenti ottenuti da L’Espresso dimostrano però che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori. Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati.
Per scoprire i retroscena di questo intrigo padano bisogna tornare al 5 aprile del 2012. E tenere a mente le date. Quel giorno, a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, Bossi si dimette da segretario del partito. È la prima scossa del terremoto che sconvolgerà gli equilibri interni alla Lega.
Fermo restando che preferiremmo che non ne sapesse nulla, e siamo del tutto (o quasi) certi che sia così, ci chiediamo quando, in questo mondo di raccattapalle trasformati in politici equilibristi, qualcuno deciderà di essere onesto sul serio, magari con una frase tanto semplice come: “Sì, ho sbagliato”.
(2 ottobre 2017)
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