di Giovanna Di Rosa, twitter@gaiaitaliacom
Luigino Di Maio ha annunciato via Facebook di avere concluso il “tour siciliano”. Già. Il tour. Perché lui ora è una star e, tra le varie incombenze, “gli toccano” pure i “tour”. Così per rilassarsi ha deciso di scrivere un post sulla sua pagina ufficiale, poco più di un milione di “like” per mettere fine alla narrazione che lo vuole “fascista, razzista addirittura imprenditore della paura”; un post per una volta senza eccessivi strafalcioni dove si mette nei panni della vittima, che sono i panni che veste meglio – sarà una questione antropologica? – e racconta di avere (forse) “sopravvalutato la possibilità di difendermi da questa campagna di odio e menzogne nei miei confronti”.
Luigi Di Maio in questi cinque anni di governo è passato attraverso tutte le posizioni politiche possibili: da rivoluzionario in pantaloncini e ginocchia sbucciate a 5Stelle nel 2013 a feroce difensore dello status quo in questo scorcio di fine estate, dicendo e scrivendo tutto ed il contrario di tutto. In poche settimane è riuscito a condannare gli abusivismi ad Ischia che non gli servivano elettoralmente e ad assolvere gli abusivismi in Sicilia che gli sono utili per le elezioni di novembre; da difensore dei bisognosi (in doppiopetto e con uno stipendio da 15mila euro al mese) è diventato improvvisamente capo della Polizia che manganella ed usa gli idranti (e senza dirlo a Gabrielli) con un linguaggio che anche Salvini si vergognerebbe ad utilizzare. E’ riuscito a parlare di vitalizi accusando un morto che il vitalizio (al contrario del buon Di Maio) non lo ha mai ricevuto perché è stato deputato per un giorno. Disperatamente alla ricerca di paraventi per Virginia Raggi, ne ha appoggiato ogni non-scelta di non-governo ed è rimasto a bocca chiusa quando la sua pupilla diventava indifendibile memore di avere contribuito a creare il fenomeno [sic] Raggi vendendo la bufala “Abbiamo un miliardo di euro per Roma”, miliardo che non s’è mai visto semplicemente perché il M5S non ce lo aveva. Si potrebbe continuare, ma non ci va…
Si esibisce poi, ed è ad esclusivo beneficio del suo milione di fans, nella solfa conosciuta e stantìa di “Renzi” che ha “svenduto i nostri porti per gli sbarchi, in cambio degli 80 euro”, che è la boutade che fai al bar, gridando e sbattendo il pugno sul tavolo, e poi te ne vai per non ascoltare le repliche. Per non farti sbugiardare. L’affermazione non è soltanto risibile, ma non è dimostrabile. Allora Di Maio capisce che deve difendersi da un nemico che non c’è: così se lo inventa a beneficio di chi lo vota o comincia a vedere incrinata la sua fede nei 5Stelle. Di Maio lo sa, il grande nemico di Luigi Di Maio è Luigi Di Maio, non gli avversari politici.
Ma la narrazione della santa tolleranza a 5Stelle di Luigino Ex Webmaster continua: “molte cooperative e alberghi stavano facendo la loro fortuna sull’immigrazione”. Quali? Dove? Quanto guadagnano? Come guadagnano? Perché non ci sono i nomi, le carte, i conti? Sono finiti dove finiscono le rendicontazioni di certi parlamentari a 5Stelle?
Naturalmente Di Maio ha parlato in Sicilia con “migliaia di persone senza intermediari, senza tv e giornali” perché quei dialoghi non sono verificabili, non essendo registrati, e quindi il vicepresidente della Camera eletto coi voti del PD di Bersani, può raccontare quello che vuole. E infatti ecco la santificazione del popolino semplice della Sicilia che non va in tv e che non vuole intermediari “la tv ti rende diverso, invece conoscendoti si capisce quanto ci credi e che persona sei”. Francamente in tv Luigi Di Maio appare proprio com’è: arrogante, impreparato, approssimativo, superficiale, opportunista, inconsistente, antipatico, sgrammaticato. Ma lui racconta di mainstream (ma sono i 5Stelle i principi del mainstream!): così per chiuderci la bocca…
E poi se la prende con la stampa e con le “dichiarazioni che non ho mai fatto”.
Dal post su Facebook si evince così che Luigi Di Maio non ha “mai giustificato alcuna violenza della polizia, neanche verbale”, non ha “pensato né detto che il Sindaco di Roma o il Governo nazionale non dovessero occuparsi dei migranti” e si scopre che tantomeno pensa “che si debba utilizzare la forza per far rispettare la Legge”. Poi racconta che la colpa è dei migranti. Non lo dice direttamente. Lo suggerisce. Che è peggio.
Poi magnifica cose che ha fatto quando non avevamo ancora avuto la malasorte di averlo tra i piedi come rappresentante di aAlto raAngo del M5S che cambierà la storia di tutto il mondo mondiale e qui francamente non si sa che dire, perché a quel tempo l’esistenza di un Luigi Di Maio qualsiasi si ignorava – e molti di noi francamente stavano molto meglio.
Quindi Luigi Di Maio, senza avvedersene, scrive una grande verità. Parlando di immigrazione arriva ad affermare che è un “grande business che sta finanziando la carriera di politicanti senza scrupoli o le mafie”, affermazione che per un vicepresidente della Camera che si fa foto col fratello del boss di camorra pentito nella pizzeria del fratello del boss di camorra pentito senza sapere che è il fratello del boss di camorra pentito proprietario della pizzeria del fratello del boss di camorra pentito rasenta il masochismo politico. O l’incoscienza. Ma tant’è.
E finalmente chiosa, il politico più intelligente dell’universo, con l’aforisma di Di Maio. Quello che dice all’immigrato, di “qualunque provenienza”, che se vuole “partecipare al processo di integrazione e accoglienza” deve “rispettare le regole che si è data quella comunità che ti accoglie. Noi ti accogliamo e tu accogli le nostre regole”. Che detto da uno che sta in un movimento che si fa le regole interne a seconda della convenienza politica del momento è una barzelletta esilarante gridata al proprio funerale.
(30 agosto 2017)
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