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A Pierluigi Bersani non è bastato il giaguaro, ora straparla di piccioni e tacchini

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di Giancarlo Grassi

 

 

 

Mentre Gianni Cuperlo spiega il suo ruolo nel PD come “ponte con la sinistra”, Pierluigi Bersani sfrutta pienamente lo spazio generosamente offertogli dal giornale di Travaglio e, non contento di averlo preso in quel posto straparlando di “gziaguari” riprende la metafora zoofila e si concentra su “piccioni” e “tacchini”, stupisce che parlando dalle pagine de Il Fatto Quotidiano, in una intervista demenziale che non dice nulla se non straparlare di “siamo maggioranza”, non sia scivolato anche sui “pavoni”.

L’intervista a doppia firma, casomai le metafore siano difficili da intendere ce le spieghiamo l’un l’altro, si sofferma su colui che è il predestinato a “ricostruire la sinistra” perché la missione di Pierluigi dei Gziaguari, dopo quasi 50anni di carriera politica, è ancora quella di ricostruire la sinistra dopo che la sinistra l’ha attraversata, cambiata, mutata, distrutta, perpetrata e quindi rifondata causa Renzi, quel predestinato non è Bersani, ma è Giuliano Pisapia. Finché Massimo D’Alema voglia.

Bersani vola alto, altissimo, vola troppo alto, come quando perse elezioni già vinte e si fece prendere a sberle come un ragazzino da una statista sgrammatica come Roberta Lombardi a 5Stelle, e parla di tutto, a tutto campo e riesce, miracoli bersaniani!, a non dire assolutamente nulla. Certo, come in tutte le interviste, ci sono alcuni indimenticabili gioielli che vi proniamo. A proposito di Europa l’uomo politico che propose una lenzuolata e rimase con un kleenex, parla di flessibilità. Con la classe che gli è propria:

 

In Europa, la flessibilità è stata barattata con troppe cose, dai migranti alle regole per le banche. Adesso leggo che la prossima ricetta per la crescita sarà quella di sforare il deficit e promettere meno tasse a tutti, più crescita e meno debito. Se volete ve la traduco in tre lingue (…) In inglese è: win, win, win. In italiano: godimento cosmico. E poi c’è la metafora: il maiale è tutto di prosciutti.

 

Il riferimento è evidentemente al segretario del suo ex partito, quello che ha provocato la fuoriuscita di Bersani e vincenti di sinistra (quelli che con il governo Monti e Letta hanno votato tutto, anche le porcate più orrende, e che sono stati al governo con Forza Italia, loro sì, sul serio), scalando il partito alle primarie con 4 milioni di voti in due tornate tra il 2013 e il 2017. Che arroganza! Pensare di stare dove si sta perché si è stati votati è un atteggiamento inaccettabile. Così che Pierluigi Bersani, per dimostrare di che pasta è fatto Renzi, sciorina le sue proposte, chiarissime.

 

A settembre per quanto ci riguarda ci sarà il redde rationem. Faremo un certo numero di proposte. Noi siamo un campo di idee senza barriere ma con le nostre bandiere: progressività fiscale, universalismo nei servizi, valore del territorio e diritti dei lavoratori. Sull’articolo 18 andrebbe bene anche un articolo 17 e mezzo ma dobbiamo interpretare la domanda di uguaglianza, non è più possibile andare avanti con le parole d’ordine degli anni Novanta.

 

Non vorrete che dica di quali proposte si tratta. Bersani non sa nemmeno dove sta. E non lo sapeva nemmeno quando il suo PD votata tutte le proposte del governo Monti, votava la legge Fornero (con la CGIL che era d’accordo), votava l’introduzione dei voucher (e Susanna Camusso era d’accordo), trattava gli Italiani come pezzenti (e Bersani stava zitto e pensava ai gziaguari). Dove stava Bersani in quel momento lì? Pettinava le bambole? Non sappiamo, sta di fatto che l’uomo che smacchiava i gziaguari e che ora straparla di piccioni e tacchini e di prosciutti e maiali, è confuso anche sui colori che la nuova cosa rossa, che però può anche non essere rossa, dovrà avere.

 

Io non voglio una cosa rossa ma non voglio che si sputi sul rosso. Non rinnego nulla. Forse abbiamo dei problemi di composizione, ma non sarà un’operazione nostalgia. Vogliamo parlare ai giovani, non solo ai disoccupati, anche a quelli che vengono sfruttati con finti stage, con i voucher o con una finta alternanza scuola-lavoro. Mio padre era un meccanico e aveva degli apprendisti, talvolta combinavano guai ma a fine mese si sarebbe vergognato se non li avesse pagati.

 

Così che all’orizzonte si presenta l’epopea del formare una nuova cosa di sinistra [sic] che non si sa cos’è, non si sa cosa pensa, non si sa dove va, non è nemmeno di sinistra – e la presenza di D’Alema sta lì a testimoniarlo – e che risponde a tutti perché non deve esserci un capo, dove tutto viene lasciato nelle mani di Pisapia, ma anche no perché non s’è mai visto che D’Alema abbia lasciato un aborto politico nelle mani di qualcun altro e che, subito dopo le elezioni,  si disperderà in piccoli gruppuscoli utili soltanto alla preservazione del loro stipendio mensile. Lo hanno sempre fatto. Lo faranno ancora. E soltanto questo povero scrivente sa quanto vorrebbe sbagliarsi.

Così all’anziano Pierluigi dei Gziaguari non rimane che nascondersi dietro il delirante “siamo maggioranza” riferendosi ad una serie di formazioncine di sinistra che, insieme, non vanno oltre l’8%. Certo tra loro c’è il grande Civati, e la possibile minoranza PD: la Grande Accozzaglia in nome del proporzionale. Ecco perché hanno fatto saltare il referendum. Non potevano permettersi di perdere lo stipendio.

Ci sono poi le formazioni di sinistra che Bersani non vogliono nemmeno vederlo da lontano, ma forse in nome del superamento dello sbarramento proporzionale si tureranno il naso.





(20 luglio 2017)

 

 

 

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