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Esprimiamo “posizioni troppo nette” e con noi “non si può collaborare”. E pensare che abbiamo appena cominciato

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di Il Capo

 

 

 

Un paio di mesi fa abbiamo cominciato a lavorare sull’organizzazione di una serie di “eventi giornalistici” da realizzarsi in differenti città italiane, per promuovere il nostro quotidiano e nello stesso tempo iniziare a collaborare, in termini di visibilità e di “condivisione” con altre realtà editoriali. A questo proposito abbiamo contattato, con progetti chiari, inviati per iscritto, altre realtà, testate, online e radiofoniche, ricevendo il “sì” di una di queste con tanto di data fissata e dettagli in parte concordati ed in parte da concordare.

Dopodiché il silenzio.

Dopo diverse sollecitazioni veniamo ricontattati, questa volta dagli organi direttivi della realtà di cui sopra, che ci spiegano che: “C’è stato un malinteso” (rock’n’roll!) e che la persona che ha fissato la data e con la quale avevamo preso i primi accordi, in realtà non avrebbe dovuto farlo; parlano in termini nemmeno troppo velatamente dispregiativi di una “stagista” che si è “sbagliata”. Così che ridefiniamo le questioni in una lunga (e col senno di poi, inutile, telefonata), il sottoscritto rispiega i dettagli degli eventi ed i termini della possibile collaborazione esattamente come li aveva scritti, offre un ventaglio di possibilità, fa capire che la divulgazione della cultura e della cultura come diritto umano è parte della nostra “mission” e che all’evento, ed agli eventi successivi, ci teniamo.

Silenzio.

Passa ancora qualche giorno e veniamo contattati di nuovo con la prima di una lunga serie di email dalle quali si evince che questi fanno marcia indietro, ma non lo dicono chiaramente; perché bisogna lasciare intendere; perché in questo paese “mai” correre il rischio di far sapere che si hanno opinioni. Dopo numerose email, ed altrettante risposte da parte nostra, risposte che tengono il punto (e dicono in soldoni “Quando vi decidete a parlare chiaro?”), finalmente il 18 luglio – raccolto tutto il coraggio che chi pratica il giornalismo dovrebbe avere – ci viene comunicato che il nostro quotidiano “esprime posizioni troppo nette” che non possono rischiare, i Signori del Coraggio, di dare l’impressione di sostenere, per quanto condivisibili.

In cambio offrono al direttore editoriale di Gaiaitalia.com, cioè a me, la possibilità, a titolo di risarcimento per i continui malintesi dei quali si scusano mille volte, di partecipare all’evento – che loro comunque faranno, e con pieno diritto, trattandosi di un’iniziativa che parte da loro ed alla quale noi ci saremmo affiancati per poi portarla in altre città come organizzatori – in qualità di moderatore o relatore. Cosa alla quale non sono, evidentemente, interessato, dato che non mi si invita a titolo di risarcimento, ma se si ritiene che io possa essere utile. E se non lo sono non c’è proprio motivo di invitarmi.



Ho trovato curioso, oltre che irritante, vedere tacciato il giornale che con tanti sacrifici stiamo facendo crescere, come una realtà che ha “opinioni nette” (ma noi non abbiamo opinioni nette, abbiamo opinioni o, se preferiscono lor signori, abbiamo una linea editoriale) come se fosse una disgrazia, quando i lettori in continua crescita da 18 mesi ci dicono il contrario. Ho trovato irritante, e nient’affatto curioso dato il paese nel quale viviamo, che l’invito a partecipare ad un evento venga inoltrato non sulla base del valore che si dà ad un invitato – che è esattamente ciò che facciamo noi – ma per dargli il contentino dato che la “stagista” ha fatto un guaio e bisogna rimediare.

In questa Italia fatta di cialtronismo “l’avere opinioni” è un fatto disdicevole perché si ritiene che per fare carriera – che è l’unica cosa che conta, non importa quanto cazzone tu sia, che Google ci perdoni – si debba per forza abdicare dalle proprie convinzioni. In ultima analisi, da ciò che siamo. Ammesso di avere coscienza di ciò che siamo.

Disgraziatamente il sottoscritto, oltre ad avere opinioni, ha anche carattere, che nell’immaginario popolinesco è sinonimo di avere “un pessimo carattere”, così che con estrema chiarezza è stato risposto “bye bye, be good” e le nostre iniziative giornalistiche in giro per l’Italia ce le organizzeremo lo stesso, da soli o con altri partner. E a partire da settembre. Vi terremo informati.





(19 luglio 2017)

 

 

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